mercoledì 4 novembre 2020

La Fioritura -LVII-

 Il vecchio e Ulm'rahktan si incontrarono all'ombra del grande albero dalle rosee fronde, lì dove Mamath aveva ingannato gli uccelli benedetti da Drà, e dove poi, molto tempo più tardi, Xish e il suo maschio si erano uniti dando origine alla propria genia. Il gatto accennò agli alberi dietro di lui e avvertì che i Gan Haji, i "senza ali", li avrebbero osservati da lì in avanti. Dunque il vecchio passò tra gli ampi tronchi con una reverenza di cui non si credeva capace, approfondita dalla stortura del corpo, ma smorzata dalle occhiate che lanciava rade verso l'alto. Mentre lo precedeva, Ulm'rahktan raccontò di Xish, sorella di Tenqar che come lei aveva costruito un simulacro consacrandolo alla notte. Non lo disse per ferire e difatti il vecchio non ne fu ferito, ché ormai senza legami. Quando arrivarono dinanzi a un grande tronco chiaro, dalla corteccia stillante resina e le foglie sottili e tonde in punta, Ulm'rahktan disse che quella era la casa dei Musubahe, perché "annodato" portavano il crine nerissimo e alto sulla testa in complessa acconciatura. Essi detenevano l'onere di assegnare un luogo alla nascita di ogni nuovo albero, quindi la funzione che esso avrebbe espletato per la comunità e infine un gruppo di Gan Haji preposti a custodirlo. Il bosco cresceva secondo il loro volere, ma assecondando il respiro delle stagioni, sicché non nascevano più alberi di quanti la terra potesse nutrirne, ma accelerando lentamente questo avveniva con costanza.

Al desiderio che il vecchio espresse di conoscere i Musubahe, la risposta di Ulm'rahktan fu perentoria: "Questo popolo scende dagli alberi soltanto per cacciare, arte in cui sono e saranno ineguagliati, e per il rito del Sanemaka, che avverrà stanotte."

Alché deluso e amareggiato, il vecchio gli volse le spalle e riprese la direzione da cui era venuto; avvenne però che quando aveva quasi raggiunto i suoi ventisette schiavi, che lo avevano atteso fuori dal bosco, una creatura bassa e minuta gli si fece incontro sbucando da dietro il tronco del grande albero dai fiori rosa. Essa lo guardò con un'espressione che il vecchio non aveva mai visto, e a cui, scoprendosi vulnerabile, reagì ordinando agli schiavi di ucciderla.

"Lei è Yu Zi" disse Ulm'rahktan, venendo dal nulla come il suo nome prescriveva. "significa "lì a terra" nella lingua dei Gan Haji. La spregiano così, appellandola come per indicare un sasso, o una foglia secca. Odiano il suo essere legata al suolo, invece che alle alte fronde dove il resto del suo popolo ama vivere."

"Perché mi guarda in quel modo? Sta forse esercitando un sortilegio?" chiese il vecchio, che a malapena riusciva a trattenere l'ordine dato ai ventisette.

"Ti sta sorridendo. È un uso soltanto suo ed è innocuo." spiegò il gatto, inclinando la testa verso il sole che stava tramontando a oriente. "Per ora."

Allora il vecchio alzò la sua unica mano e gli schiavi si fermarono senza sussulti, come steli di pianta all'alba, quando il vento ancora dorme. Zoppicando si avvicinò alla piccola e tuttavia non le parlò, non soltanto perché era sicuro che non potesse capirlo, ma soprattutto per via di quell'espressione che ancora lo turbava. All'improvviso sospettò che Ulm'rahktan gli avesse mentito e la rabbia lo assalì. Yu Zi mormorò qualcosa nella sua lingua, con la voce giovane e il tono scanzonato, per niente intimorita dal sinistro straniero.

"Chiede perché ti crucci, tu che sei potente" disse Ulm'rahktan.

Il vecchio rispose che gli era stata promessa una discendenza e che se non l'avesse ottenuta avrebbe fatto schizzare il loro sangue fino ai rami più alti, poi quegli alberi sarebbero caduti e la stessa sorte sarebbe stata inflitta ai Gan Haji e ai Musubahe. Promise rovina a quella terra e a tutte quelle intorno, fino ai limiti del conosciuto e oltre esso. Ebbro di livore proferì anatemi gonfi di oscenità e a un tratto ebbe a evocare il ritorno di X'En, la Fiamma Immortale che tutto il cosmo aveva quasi ridotto a sacra vampa, senza sapere come facesse a conoscerlo e perché il suo nome gli fosse saltato sulla lingua. Tutte queste cose Ulm'rahktan le tradusse a Yu Zi e lei ancora sorrise.

"Dice che se vuoi riprodurti, a momenti, quando la pupilla bianca sarà alta tra le stelle, sarà celebrato il Sanemaka."

Il vecchio osservò a lungo il gatto e seppe che non stava mentendo. Decise dunque di aspettare che arrivasse la sera e in particolare il momento che Yu Zi aveva descritto. Quando arrivò, il vecchio non ebbe nemmeno bisogno di guardare in cielo, perché ciò che stava succedendo tra gli alberi non poteva essere altro che qualcosa di unico. Ai piedi dell'albero dei Musubahe, stava una figura alta e snella che prese la carne del vecchio senza nemmeno accorgersi che egli esistesse. Bella oltre ogni misura, i lunghi capelli neri la coprivano fino ai piedi e allungati erano gli occhi sotto la fronte ampia. Il vecchio la volle per sé e si mosse per andarle incontro, ma scorto un movimento tra gli alberi dietro la bella, subito si arrese: una figura altrettanto alta, se non di più, occupò il nastro di luce lunare insieme alla femmina. Portava un manto di pelli di lupo, con due conigli sulle spalle e la candida pelliccia di una volpe bianca attorno al collo.

Yu Zi indicò la coppia e sussurrò al gatto qualcosa di inappropriato, ridendone subito dopo.

"Ti avverte che se non ti sbrighi a prenderla, il maschio la porterà nel tronco dell'albero dai fiori rosa e lì avverrà il Sanemaka"

Vista l'occasione, il vecchio fu sul punto di coglierla, ma un pensiero gli rosicchiò la testa ed esitò. Alzata allora la testa verso i rami, da cui ancora sentiva arrivare l'attenzione dei Gan Haji, disse ad alta voce. "Voi non mi avete salutato, benché io eserciti il potere. Ascoltate allora quanto ho da dire"

A queste parole la femmina e il maschio si voltarono, e dalle fronde del bosco scese un fremito nervoso, un bisbiglio indistinguibile dalla brezza.

"Datemi tante femmine quanti sono i miei schiavi, sì che il mio impero si possa imprimere sulla terra con una discendenza e un regno."

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