mercoledì 11 novembre 2020

La Fioritura -LVIII-

 Le parole del vecchio non potevano essere comprese dalla genia di Xish, ma l'intervento di Ulm'rahktan fece in modo che ciò potesse avvenire. Parlando nella lingua che Mamath gli aveva insegnato, e che lei a sua volta aveva bevuto dal Raama Toi, garantì che tutte le orecchie recepissero lo stesso messaggio, ma pulito dal comando che il vecchio gli aveva impresso. Allora si alzò un velo di vento e tutto quello che avveniva sui rami e al riparo del fogliame fu coperto. Quello era il segnale per l'inizio di un consulto tra Gan Haji e Musubahe, perché se c'era qualcosa cui tenessero almeno quanto la vita sugli alberi, essa era la segretezza. Quando il vento si placò, il maschio e la femmina del Samenaka alzarono di concerto lo sguardo ai rami sopra di loro, poi dissero qualcosa tenendo la voce molto bassa.

Ulm'rahktan lo tradusse al vecchio: "Avrai ciò che hai chiesto, in nome del sangue che ci accomuna. Ma la tua discendenza si tenga lontana dai boschi, le foreste e le giungle del mondo."

Al vecchio parve intollerabile di essere minacciato e fu sul punto di scatenare i suoi schiavi, ma la chiosa di Ulm'rahktan lo fermò "Questa non è una trattativa. Prendi ciò che ti offrono."

L'altro non si convinse del tutto, quindi parlò la piccola Yu Zi, che diversamente dai suoi simili aveva la pelle color della resina, anziché scura come corteccia, e i capelli ramati come scorza di castagna. "Perché non hai fiducia?"

"Perché loro mi temono, dunque cercano di trarre un vantaggio dalla mia pretesa. Se accettano di darmi le loro femmine, allora che sia io a sceglierle." rispose il vecchio.

Yu Zi scosse la testa, e anche allora non smise di sorridere. "Per sceglierle hai bisogno di vederle, e per farsi vedere devono scendere dagli alberi. Ma noi non scendiamo dagli alberi, se non per cacciare e per il Samenaka. Chi per altri motivi abbandona gli alberi, non può più tornare indietro. Per questo, non puoi sceglierle tu."

Una volta che Ulm'Rahktan finì di tradurre, il dito rattrappito tremando la indicò "E tu, allora?"

La piccola capì il senso della domanda senza bisogno dell'aiuto del gatto, cui rivolse un cenno d'intesa.

"Di lei non ti dovrai preoccupare" disse Ulm'rahktan "come te, non fa più parte della genia da cui discende. Se questa affinità per te non è sufficiente, allora pensala come un'estensione del tuo potere e rivolgila verso i tuoi scopi."

Il vecchio capì. "Allora sceglierà lei le femmine" disse, e siccome il gatto tacque continuò nella sua asserzione "ma se ella è una reietta, non le obbediranno"

"Come ho detto, di lei non ti dovrai preoccupare"

Arrivati alla sintesi, il loro accordo mosse Yu Zi tra le lame di luce lunare che a malapena si facevano largo attraverso il fitto fogliame della foresta. Sotto l'albero dei Musubahe, scandì a voce alta ventisette parole, che erano i nomi delle ventisette femmine scelte per accontentare le ambizioni del vecchio. Una dopo l'altra scesero a terra, e ignorando Yu Zi si diressero incontro ai ventisette schiavi, scegliendoli con scrupolo come propri compagni. Ben più alte di loro, davano però l'impressione di essere leggere e fragili come illusioni. Il vecchio le guardò come si guarda un miracolo, senza poter reprimere il germogliare di una terribile invidia. Ma Yu Zi era di nuovo al suo fianco, sempre veloce nel pensiero e nelle azioni, e gli strinse la mano debole e fredda.

Lui fissò quel poco che di lei riusciva a vedere. "Ora che ho quello che volevo, voglio qualcosa di cui non credevo di aver bisogno" le disse. "Condividerò il potere con te, se tu verrai con me"

Stavolta, Yu Zi rise in maniera diversa, perché la gioia aveva lasciato spazio all'irrisione. Al vecchio questo non piacque e Ulm'rahktan lo apostrofò "Ti avevo detto di non preoccuparti di lei."

Il gatto poi tese l'orecchio a una brezza leggera proveniente dalla foresta, quindi annusò l'aria alla ricerca di altre sfumature. "I Musubahe ti invitano ad assistere al rito della Samenaka."

Tronfio della vittoria e di quello che sembrava un riconoscimento di superiorità, il vecchio accettò la richiesta e guardò là dove ancora stavano il maschio e la femmina del rituale. Essi, come riprendendo una danza da dove era stata interrotta, insieme percorsero la distanza che li separava dal tronco dell'albero dai fiori rosa. Al loro approssimarsi, su di esso si aprì una fessura molle e traslucida, come se non fosse stata fatta di rigido legno, ma di carne. Solo a quel punto, il maschio si tolse il manto di pelliccia e lo pose sulle spalle della compagna, come tante generazioni addietro aveva fatto il maschio di Xish. Consumato il rito, entrarono nella fessura e una volta dentro ne vennero ricoperti per intero, e il tronco tornò ad avere la forma e consistenza che lo accomunava a tutti gli altri alberi. Quello era il Samenaka, la "semina" secondo la genia di Xish.

"Tra qualche tempo," disse Ulm'rahktan al vecchio, che non riusciva a riaversi dalla meraviglia "l'albero fiorirà, poi verranno i germogli e infine i frutti. Quando essi saranno maturi, in estate, cadendo a terra si apriranno e dal loro interno sorgerà una nuova generazione. Così si perpetua la genia di Xish. Così le foreste e i boschi e le giungle saranno popolati."

A quelle parole, il vecchio capì che non avrebbe mai potuto espandersi come e quanto loro, e comprese di conseguenza per quale motivo lo avevano invintato ad assistere al Samenaka. Ora che infatti la frustrazione, il senso di impotenza e inferiorità gli avevano in egual misura appestato il sangue, il sacrificio delle loro femmine era stato ripagato. Si volse come una furia, accompagnato dagli schiavi e dalle nuove compagne. Senza attendere Ulm'rahktan, presero la direzione a meridione, verso lande più calde, dove i suoi piani sarebbero stati approntati.

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