mercoledì 18 novembre 2020

La Fioritura -LIX-

Allontanandosi dal luogo che lo aveva visto perdente pur nell'ottenimento di ciò che voleva, il vecchio sentì su di sé attenzioni che lo turbarono, e le spalle curve e storte furono percosse da brividi. Non erano però gli sguardi dei suoi schiavi, le cui palpebre erano sigillate dal momento in cui Iskravul li aveva tratti dal fuoco della forgiatura; né le loro compagne, che essendo nuove a così ampi spazi senza alberi e a passeggiare anziché balzare, tutto osservavano fuorché lui, che su Ama Nundra Mun era la creatura più sgraziata e spiacevole. Stavano percorrendo una grande spianata di erba grassa e umida, accarezzata dal rumore degli insetti e di timide creature striscianti, ma benché fossero ormai molto lontani dal bosco dei Xish, l'ombra proiettata dall'albero dai fiori rosa ancora copriva il loro cammino. Quando finalmente ne uscirono, il vecchio fu liberato dalla cappa di disagio e allora seppe che gli sguardi malevoli erano venuti dai rami dell'albero, insieme all'ombra stessa, per ricordargli del patto che avevano stretto.

Camminarono a lungo, non avendo altro riferimento se non quello di evitare gli alberi e di non guadare i fiumi, ché il vecchio temeva di esserne travolto, e così si fece sera. La luna si alzò da dietro una collina e disse loro "Vi guido io", e il vecchio si fidò. Il giorno seguente, quando l'alba eruppe in gloria da oriente, il sole disse al vecchio "Raggiungimi" e l'altro, cui la luna aveva offerto un viaggio piacevole e privo di pericoli, a maggior ragione obbedì. Viaggiarono seguendo la luna di notte e il sole di giorno, e in capo alla settima alba si trovarono su una terra circondata dal mare, senza che il vecchio riuscisse a capacitarsi di come l'avevano raggiunta. Fu in quel momento, mentre i dubbi andavano formando il veleno nel sangue del vecchio, che le voci del sole e della luna formarono un coro e il coro disse. "In principio fui Indh, ora le mie due voci servono i Cinque Codici e così farete anche voi."

Tutto attorno il cielo si tinse di tramonto, nonostante il sole fosse appena sorto, e tale fu l'impatto di quel fenomeno che al vecchio sembrò che la luce stesse sanguinando. Rispose a Indh: "Enunciali dunque, i Cinque Codici"

"Primo: Ama Nundra Mun è il nome di ciò che state calpestando, avete calpestato e calpesterete, voi e i vostri discendenti. Il nome è uno e tanto vi basti. Secondo: ciò che unisce due entità si consuma nel sussurro che esse si scambiano. Terzo: l'acqua di Tlaotlican e la terra di Ama Nundra Mun si uniscono nell'Abbraccio. Mai nessuno osi dividerli. Quarto: la vita è soggetta a natura. Quinto: nel nome di Ar Tlanèrva vi è il Codice che unisce i Codici. Non lo invocate e non fatene effige."

Il vecchio, che aveva ascoltato in silenzio, alzò lo sguardo ai cieli grondanti di rosso e promise di aver capito. Dunque tornò il sereno azzurro del mattino, il vento e il rombo del mare sostituirono le due voci di Indh, e il vecchio si trattenne a godere della rinnovata quiete. Quando fu sicuro che non avrebbe ricevuto altre visite, e che dall'ultraterreno non sarebbero scesi altri moniti, tosto ordinò ai ventisette schiavi di costruire una dimora che fosse degna del suo potere e delle sue ambizioni, dotata di un trono confertevole e riccamente ornato. Questo ordinò e quelli eseguirono. Con le mani robuste scavarono nella terra e frantumarono la roccia, estraendone pietra e calce e marmo che caricarono sulle spalle possenti. Seguendo le istruzioni del vecchio, che aveva la scintilla di sua madre Tenqar nel sangue, eressero le fondamenta e su di esse stesero un pavimento di basalto; scolpirono i pilastri marmorei e li disposero nella sala a formare un cerchio, a imitazione del sole e della luna. Poi ciascuno degli schiavi tracciò il proprio spazio e così sorsero le Ventisette Sale, dove la discendenza del vecchio sarebbe stata concepita. Alla fine dell'opera, tutto fu coperto da tetti spioventi e arricchito di porte e lucernari, dunque venne il tempo di sugellare la dimora col suo pezzo più pregiato: i ventisette schiavi portarono il trono in pietra calcarea che avevano scolpito assieme, di un bianco abbacinante, e lo posero al centro della grande sala. Sul pavimento di nero basalto la sua luce parve farsi ancora più violenta, e il vecchio senza attendere oltre vi prese posto. Il suo pallore si perse nella pietra, che a sua volta era tributo non soltanto al sole e alla luna, ma anche al fiume di latte nella montagna nera, al cui corso si era affiancato per completare la discesa.

Al centro dell'isola sorse dunque il palazzo delle Ventisette Sale, ma il vecchio lo chiamò Indh ù 'igàn, "le voci di Indh".

Dal trono accecante, ordinò poi agli schiavi di accoppiarsi con le loro compagne e questo diede origine alla prima generazione di creature assai particolari: questi esseri erano più chiari dei padri e assai meno scuri rispetto alle madri; gracili, chiassosi alla nascita, bisognosi di cure continue, sortirono nel vecchio sentimenti di delusione e ribrezzo. Accanto al trono vi era però Ulm'rahktan, sornione come solo un'incarnazione della notte è capace di essere.

"Essi cresceranno."

"Se anche crescessero fino a toccare con la punta del naso la vetta del mio palazzo," protestò il vecchio "già a guardarli prevedo che non saranno mai belli come le loro madri, né forti come i padri"

Ulm'rahktan lo guardò "Tu non sei nessuna delle due cose, eppure vivi in un palazzo e siedi su un trono."

"Dici bene" ammise il vecchio, e attese. Anno dopo anno, la discendenza crebbe in vigore e bellezza fino a raggiungere le dimensioni di chi li aveva generati. Dalle madri impararono la lingua Xish e l'arte della caccia, dal vecchio la lingua di Tenqar e le tecniche di costruzioni. Dai padri, soltanto a obbedire al Trono Bianco. Le due lingue furono poi unite a formarne una tutta loro, tale che Indh ù 'igàn divenne Indhogan, che da quel momento non indicò soltanto il palazzo delle Ventisette Sale, ma anche le dimore che i discendenti si costruirono attorno a esso. Questa fu l'alba della razza dell'uomo e Indhogan la sua culla.

Nessun commento:

Posta un commento