mercoledì 25 novembre 2020

La Fioritura -LX-

 Se il vecchio aveva nutrito delle speranze per i suoi discendenti, giorno dopo giorno esse lo delusero. La razza dell'uomo era facile alla malattia, all'infortunio, alla morte; e quanto più questo diventava evidente, tanto meno uomini e donne riuscivano a onorare i precetti dei loro creatori, ché ordine e disciplina erano scomodi a esistenze fragili. Dunque assecondavano i loro stomaci ben oltre l'appetito, i loro lombi a prescindere dal desiderio, e per quanto riguarda le mani, essi le vedevano sempre misere e vuote, blandendo in questo modo l'avidità tipica dei Tenqar. Tutte queste cose il vecchio non potè vederle, giacché gli occhi aveva morti sul viso greve, ma se le faceva raccontare da Ulm'rahktan, che come lui mai si allontanava dal Trono Bianco.

"Un giorno ormai lontano, mentre io, gli schiavi e le loro compagne stavamo viaggiando verso il sole, sulla riva di un fiume vidi a un certo punto un fiore, tanto bello e rigoglioso che fui sul punto di versargli una lacrima; poi però mi accorsi che esso sorgeva in una piccola pozzanghera sul cui fondo si agitavano innumerevoli vermi. Allora ne versai due." raccontò il vecchio con asprezza "Indh ù 'igàn e le Ventisette Sale sono come quel magnifico fiore, e già vedo i vermi risalirne lo stelo. Dimmi, è questo il mio patrimonio?"

Il gatto restò seduto, osservando immagini visibili soltanto a lui. "Il fiore è bello nonostante i vermi. Anzi, lo è proprio in virtù di essi. Ma chi lo minaccia ha soltanto fame."

"Eppure i vermi non creano i fiori."

"Neanche tu." rispose Ulm'rahktan, asciutto "Ma so cosa vuoi dire. Se è la bellezza che adesso cerchi, essi già ne producono: non senti la musica dei loro tamburi nei giorni che hanno dedicato a te? Il tuo naso non percepisce i fumi dei loro pasti? E nemmeno ti rendi conto che quando sono insieme essi ridono, e cantano, e si raccontano le storie della loro creazione e delle tue imprese?"

"Tutto ciò che sento è un insieme di nomi che non comprendo. La loro lingua non è più la mia. Come mi chiamano?"

"I più giovani ti chiamano Qabanesh, "il caduto", perché la tua forma se la spiegano soltanto con una caduta da molto in alto; per i più maturi sei invece Manaroq, il "disceso" nella montagna; infine, Zeth Uawu vuol dire "trono bianco" ed è così che gli anziani ti identificano."

Così disse e il vecchio si placò, pur continuando a nutrire quei dubbi e quei sospetti che lo incupivano.

Il giorno della nascita della nona generazione di uomini, dal mare venne in visita a Indhogan la discendenza di Awyn: questi esseri minuti e dalla pelle bronzea, coi capelli crespi e gli occhi assai vispi, portavano in dono i frutti dell'acqua. In capaci recipienti vi erano pesci di ogni dimensione e colore, le cui squame brillavano al sole; attrassero l'attenzione dell'uomo con ricci e mitili, e infine li conquistarono con l'offerta di copiose quantità di perle e corallo. Per ringraziare fu indetta una festa, ché l'uomo per natura non ne era mai sazio, cui gli Awyn parteciparono con gioia. Le celebrazioni si consumarono in capo a sette giorni, al termine dei quali sui neonati fu imposta la benedizione del mare; poi, così com'erano venuti, i visitatori tornarono negli abissi e gli uomini che quel giorno li avevano conosciuti non li rividero più.

Il vecchio non tollerò che neanche uno tra gli stranieri fosse andato a salutarlo o a rendergli omaggio, ma Ulm'rahktan, che ormai aveva imparato a interpretare le sue espressioni, disse "Sono diversi da te, dai tuoi schiavi, dai Xish e dagli uomini. Sono creature semplici e giocose, la doppiezza dei Musubahe non gli appartiene, difatti credono che se non ti sei mosso dal trono è perché non avresti avuto piacere a conoscerli."

"E non hanno forse un signore cui obbedire?" protestò il vecchio, che era Manaroq, ma anche Zeth Uawu, ma in quel momento soprattutto Qabanesh.

"Hanno chi li ha generati. Awyn si è unita al suo maschio, cui ha infuso la vita e il nome di Llygaillachwa, che nella loro lingua significa "occhi di perla". Sono il padre e la madre di quella genia, amati fondatori, rispettati in quanto amorevoli."

Altri cicli passarono: gli uomini che avevano ricevuto la benedizione del mare crebbero e generarono dei figli, alcuni dei quali passarono questo dono ai loro successori e questi ai propri. All'alba della diciottesima generazione di uomini, i discendenti degli originari Doorlaq, i "baciati dalla spuma", si misero d'accordo per attuare un grande progetto e dopo aver convinto il resto del popolo essi lo realizzarono. In capo a qualche giorno, in Indhogan vi erano più canali di quante vene ci fossero in un uomo. Corsi d'acqua scorrevano tra le case e circondavano le Ventisette Sale, portando il mare là dove non avrebbe dovuto esserci. Questo però non irritò il vecchio, cui l'intraprendenza della razza umana iniziava a piacere.

Dai canali affiorarono gli Awyn e di nuovo fu celebrata una grande festa, finita la quale qualcuno di loro decise di restare a Indhogan, mentre qualcuno tra gli uomini prese le misteriose vie sott'acqua.

Venne la ventisettesima generazione di uomini e l'aria a Indhogan divenne carica di tensione. Il vecchio, che era preparato a quel giorno perché Ulm'rahktan aveva voluto che lo fosse, si alzò dal Trono Bianco e uscì dalle Ventisette Sale. Vederlo in piedi paralizzò gli uomini tanto quanto ciò che stava accadendo sopra le loro teste: una sfera di luce argentea campeggiava in un cielo terso, di un azzurro innaturale. Il vecchio non era però sorpreso, né turbato.

"Tu, che ti fai chiamare Manaroq, Qabanesh e Zeth Uawu, dicevi di aver compreso i Codici, ma gli atti tuoi e della tua discendenza ti tradiscono." dissero le due voci di Indh "Ora è tardi e subirai il mio tribunale. Sul Primo Codice: hai dato un nome alla terra, che già lo ha."

"No" rispose il vecchio "Ho dato un nome al palazzo e i miei discendenti lo hanno esteso alla comunità. Il nome è un omaggio a te, che ci hai concesso di stabilirci su questa isola."

Le due voci tacquero per un po', poi ripresero, più concilianti "Sul Secondo Codice: unendo con la forza i tuoi schiavi alle femmine Xish, hai loro imposto la copula."

"Gli schiavi non hanno volontà alcuna, né sentire, né pulsioni, ma sono nati per soddisfare le mie; e per quanto riguarda le Xish, ciascuna di loro ha scelto il proprio compagno nell'attimo in cui i loro piedi hanno toccato terra."

"Sul Terzo Codice" ripresero le due voci con ardimento "nella costruzione dei canali, l'Abbraccio è stato scisso."

"I canali portano l'acqua là dove la terra è asciutta, dunque l'opera non interrompe l'Abbraccio, ma lo estende."

La luce della sfera fremette e lampi improvvisi scaturirono dal suo centro. "Sul Quarto Codice: traviando la natura della tua discendenza, è stato loro insegnata una via per trascendere i limiti fisici della loro condizione. Essi infatti quando dormono non si limitano a riposare."

Il vecchio trasecolò, preso alla sprovvista, e in quel momento una voce spuntata dal nulla gli prestò soccorso, come da sempre faceva.

"Quest'accusa è rivolta a me," disse Ulm'rahktan "che agli uomini ho insegnato il sogno. Ora ascolterete le mie ragioni."

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