mercoledì 24 giugno 2020

La Semina -XXXVIII-

In seguito alla notte di congiunzione materna, Mamath e il lupo dovettero separarsi perché lei tornò nella carne, di nuovo nel mondo che ruotava intorno al cespuglio di bacche. Toccandosi il petto là dove le ossa scheggiate del dolore si erano infilate sotto la pelle, scoprì la tremenda piaga che scorreva in luogo del seno di cui era ormai orfana. Una radicale consapevolezza di sè era però sorta insieme alla veglia, prendendo il posto dello smarrimento che la teneva ostaggio degli alberi, e le disse che la sofferenza fisica non era meno naturale del respiro, di accoglierla come lo stomaco aveva fatto con le bacche. Dopo aver capito queste cose, Mamath riprese il cammino lungo un solco che solo lei poteva vedere già tracciato, e che la condusse alla radura erbosa nel cuore del bosco. Questa era il luogo che di tutta la foresta raccoglieva la luce del sole nel pieno della potenza, perché nel suo spazio soltanto soffice erba cresceva, e la selva tutta attorno era da essa indossata come una corona.
Lasciandosi condurre dal solco, Mamath entrò nella radura e la rabbia inesausta di X'En la vestì di luce. Cullati dal mesto frinire di esseri nascosti nel verde più scuro, stavano placidi ventisette lupi; al centro del branco, qualche vecchia femmina badava alla frenesia dei giovani indifesi, mentre i più forti riposavano dopo la caccia, coi musi ancora lucidi di sangue. Isolato rispetto a tutti gli altri, infine, un grande grigio teneva d'occhio la radura da una posizione dominante e quando l'odore di una presenza estranea gli arrivò alle narici, lesto si levò il suo latrato di avvertimento e il branco scattò sulle zampe. Presto circondata dalla torma di predatori, Mamath rispose loro mostrando le dita intinte nel sangue della propria piaga. Il grigio, sensibile al dolore e quindi saggio, colse il significato nel gesto dell'ospite e le si fece incontro, imponendo la pace ai suoi simili tramite la rilassatezza delle orecchie. Nel momento in cui annusò il sangue, riconobbe la traccia di una certa impronta ancestrale e guardò Mamath negli occhi, trovando in essi conferma ai propri sospetti: davanti a sè aveva non una figlia della terra, ma il prodotto blasfemo di forze aliene all'Abbraccio. Nonostante ciò, il grigio sentì in lei la forza di un seme e si volse dall'altra parta, lasciandola al suo Ciclo. Così fece anche il resto del branco e nella radura tornò la quiete.
Mamath guardò un'ultima volta in direzione dei lupi e fece per proseguire, ma qualcosa attirò i suoi occhi: là dove una femmina stava allattando i propri cuccioli, uno di essi era rimasto escluso e cercava con tutte le forze, vanamente, di farsi strada tra i fratelli e le sorelle. Mamath gli si avvicinò curiosa e nel momento in cui sentì lo sguardo bisognoso del piccolo, capì che anche altri occhi la stavano fissando: quelli della madre. Non erano ostili, o preoccupati, ma la scrutarono in un modo che lei conosceva bene, perché quella forza era stata la prima cosa con cui Mamath era venuta in contatto dopo la nascita. Attraverso lo sguardo della lupa, Ar Tlanèrva le aprì la piaga sul petto e sangue fresco colò dal corpo che Indh aveva cesellato, per dissetare infine il terreno. Mentre il cucciolo di lupo iniziava a bere con trasporto dalla macchia di nettare vermiglio, Mamath sostenne lo sguardo della lupa fino a quando da esso non sparì l'aura dei Cinque Codici, e finalmente si concesse di manifestare afflizione per la ferita che in eterno avrebbe sgorgato ciò che Ar Tlanèrva riscuoteva dopo aver elargito. Riprese allora il cammino nel solco già tracciato verso ponente, fuori dalla foresta e attraverso le sabbie della Caduta, sotto i torridi tormenti che X'En sputava in silenzio dalla sua prigione celeste, gonfio di odio e di vergogna. Ignara di ricalcare le orme di Shintara verso le Montagne Nere, Mamath percepì un'ombra muoversi nel solco davanti a lei, una sagoma dal pelo ispido e le pupille color dell'oro. Oltre a quello, una sensazione di appagamento che non poteva spiegarsi perché del tutto priva di senso: il ritorno a casa.

Nessun commento:

Posta un commento