mercoledì 22 aprile 2020

Sussurri della Mietitura -XXIX-

Quando Shintara uscì da Hieralw, illuminata nella notte immortale dal trofeo di guerra che aveva annodato attorno allo scudo, trovò ad attenderla il proprio viso e il proprio corpo indossati dal serafico Ulm'andher. Egli le cantò del Letto della Vergine e di come i tizzoni delle piante bruciate non avessero ancora smesso di ardere, dei frutti che reagendo alla devastazione tutta attorno avevano sviluppato un sapore acre, e le cantò anche dell'albero che svettava dritto e fiero lontano dagli altri, ertosi là dove Shintara era atterrata dopo l'Ascesa, isolato dall'affollamento soffocante del giardino di cui comunque era consapevole di far parte e dunque per questo motivo rimasto cieco, muto e sordo all'attacco degli Xenwa, purificato e al contempo assolto dalla sua stessa ignoranza dei recenti rovesci. Tale era la perizia con cui il canto di Ulm'andher tratteggiava l'albero, che Shintara a un tratto se lo ritrovò davanti: esso era lungo, privo di rami e l'unica sua ricchezza era costituita da un manto di muschio florido a ricoprire la cima. Persuasa dal canto, la Vergine afferrò il tronco e lo sradicò dalla terra senza provocargli dolore o lutto, perché l'albero godeva della beatitudine di non conoscere gli eventi del mondo e di conseguenza qualunque cosa succedesse al mondo o a se stesso andava bene. Prese il tendine e ne agganciò un'estremità alle radici, mentre Ulm'andher le faceva compagnia rispondendo alla domanda che non si era ancora posta; le cantò che il fuoco vivo generato da X'En mantiene le sue proprietà luminose anche dopo la morte, simile al corpo che nel diventare cadavere non si dissolve, ma non emana più calore. Capendo dunque per quale motivo il contatto tra i due corpi non producesse una vampata di fuoco, Shintara distese il tendine verso la parte superiore dell'albero, dove lo fissò dopo numerosi tentativi e non poca fatica. Hieralw divenne così l'arco della Vergine, ancora una volta perno vitale di una massa cui avrebbe dettato il movimento, precursore della guerra e per la guerra.
L'ora dell'ultimo assalto era finalmente sorta e Ulm'andher ancora una volta fu costretto a fermare Shintara, già pronta a correre verso il nemico. Il canto le suggerì di sedere e ascoltare, ma lei lo scacciò e gli diede le spalle, stanca di ordini e istruzioni, di racconti e di visioni; tutto ciò che voleva e aveva sempre voluto, la Vergine lo vedeva chiaramente alla fine del secco mare di nulla, oltre il deserto della Caduta, e oltre alla Caduta stessa. La sua insofferenza nei confronti del canto non intaccò però la sicurezza di Ulm'andher, che con pazienza le ricordò di come quella fosse una guerra condivisa, frutto degli sforzi di entrambi, e che alla fine della marcia per ciascuno di loro sarebbe arrivata la ricompensa, se non si fossero divisi.
Persuasa, Shintara attese che Ulm'andher cantasse, ma quando dall'altra parte arrivò solo silenzio, lei lo guardò e per la prima volta lo vide muto. Intuendo cosa volesse, gli consegnò l'arco e Ulm'andher lo scrutò attentamente, toccando il tendine e facendolo vibrare. Nell'aria ferma si diffuse un vibrato sfrigolante e Ulm'andher fece per accompagnare il suono col proprio canto, ma da lui non uscì una nota. Lentamente, la melodia scemò fino a scomparire, mentre il tendine vibrava ancora. Prima di restituire l'arco, Ulm'andher fissò Shintara e le fece capire che era arrivato il momento della scelta più dura; dentro di lei, un canto si levò a dar voce alla figura immobile che le porgeva l'arma. Il canto le chiese cosa avrebbe preferito, se tenere l'arco ma lasciare a Ulm'andher il primo assalto, oppure se attaccare per prima, ma abbandonare per sempre l'arco.
Un brivido di rabbia scosse Shintara e dentro di lei qualcosa cambiò per sempre.

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