mercoledì 29 aprile 2020

Sussurri della Mietitura -XXX-

Uno di fronte all'altra, identici all'apparenza e opposti in tutto il resto, nella speranza di potersi toccare attraversarono con lo sguardo il silenzio che li separava; ma Shintara brancolava nel buio, annebbiata da un'ira senza riposo che le fece maturare istinti sinistri. Allora Ulm'andher cantò che se lei avesse indugiato quel tanto che era necessario a una scelta saggia, non lo avrebbe più visto né sentito, e da quel momento in avanti il destino dell'Abbraccio sarebbe appartenuto a lei soltanto. La Vergine a quelle parole riuscì a sopprimere i suoi sentimenti e vagliò le scelte davanti alle quali Ulm'andher l'aveva posta. Da un lato assecondare la propria natura portando per prima la guerra ai monti neri di Rasseth, perdendo però l'arco per cui aveva sconfitto Hieralw; dall'altro, prendere possesso dell'arma e andare finalmente alla battaglia, ma solo dopo aver delegato a Ulm'andher l'onore del primo sangue. Avendo lui cantato che una delle due scelte sarebbe stata "saggia", e che la diretta conseguenza di essa lo avrebbe portato a sparire e Shintara a ereditare l'Abbraccio, lei si persuase che saggezza risiedesse nel mandarlo disarmato là dov'era il nemico, abbandonandolo al contrasto tra la sua natura poco avvezza alla violenza e il potere del nemico.
La scelta arrivò a sintesi in un istante. Nel momento in cui Shintara si fece consegnare l'arco, Ulm'andher sparì come aveva promesso; tutto ciò che di lui era rimasto sublimava nel vibrato del tendine, percettibile e invasivo nonostante fosse immobile. La Vergine mise l'arma a tracolla e si mosse là dove la fine della sua missione l'attendeva, dove avrebbe strappato la corona a Rasseth per potersene vestire, e dove alla più angosciante delle sue domande sarebbe stata data risposta, perché troppo veloce e semplice era stato il commiato da Ulm'andher.
Nel tragitto verso le montagne nere, la Vergine tenne lo sguardo attento a scovare segni di battaglia che annunciassero il passaggio del suo vecchio compagno, senza trovarne: la Caduta era ancora vuota e muta, battuta soltanto dalle esalazioni calde che le ali di Rasseth producevano con la loro sola esistenza. Dopo lungo incedere, Shintara arrivò finalmente alle pendici delle montagne nere e lì, invece di guardare in alto verso le cime, bagnate dalla torrida luce che il Triarca emanava dall'altra parte dei monti, scrutò l'ombra davanti a sé aspettandosela satura di vuoti e sussurri, degli Us'fulum che tanto l'avevano impressionata la prima volta che aveva mosso guerra a Sei Ali. Trovando però nient'altro che terra arida e innocua ombra proiettata dalle vette che le sbarravano il passo, Shintara improvvisamente capì il piano messo in atto da Ulm'andher e si rammaricò dell'acredine del loro addio. Alzò poi lo scudo e lo percosse, e il cupo tuono che nacque si espanse a tutto il volto di Ama Nundra Mun, scendendo fino in fondo alle profondità di Tlaotlican. L'Abbraccio era stato chiamato ad assistere alla battaglia finale, ma il primo a rispondere fu un altro.

mercoledì 22 aprile 2020

Sussurri della Mietitura -XXIX-

Quando Shintara uscì da Hieralw, illuminata nella notte immortale dal trofeo di guerra che aveva annodato attorno allo scudo, trovò ad attenderla il proprio viso e il proprio corpo indossati dal serafico Ulm'andher. Egli le cantò del Letto della Vergine e di come i tizzoni delle piante bruciate non avessero ancora smesso di ardere, dei frutti che reagendo alla devastazione tutta attorno avevano sviluppato un sapore acre, e le cantò anche dell'albero che svettava dritto e fiero lontano dagli altri, ertosi là dove Shintara era atterrata dopo l'Ascesa, isolato dall'affollamento soffocante del giardino di cui comunque era consapevole di far parte e dunque per questo motivo rimasto cieco, muto e sordo all'attacco degli Xenwa, purificato e al contempo assolto dalla sua stessa ignoranza dei recenti rovesci. Tale era la perizia con cui il canto di Ulm'andher tratteggiava l'albero, che Shintara a un tratto se lo ritrovò davanti: esso era lungo, privo di rami e l'unica sua ricchezza era costituita da un manto di muschio florido a ricoprire la cima. Persuasa dal canto, la Vergine afferrò il tronco e lo sradicò dalla terra senza provocargli dolore o lutto, perché l'albero godeva della beatitudine di non conoscere gli eventi del mondo e di conseguenza qualunque cosa succedesse al mondo o a se stesso andava bene. Prese il tendine e ne agganciò un'estremità alle radici, mentre Ulm'andher le faceva compagnia rispondendo alla domanda che non si era ancora posta; le cantò che il fuoco vivo generato da X'En mantiene le sue proprietà luminose anche dopo la morte, simile al corpo che nel diventare cadavere non si dissolve, ma non emana più calore. Capendo dunque per quale motivo il contatto tra i due corpi non producesse una vampata di fuoco, Shintara distese il tendine verso la parte superiore dell'albero, dove lo fissò dopo numerosi tentativi e non poca fatica. Hieralw divenne così l'arco della Vergine, ancora una volta perno vitale di una massa cui avrebbe dettato il movimento, precursore della guerra e per la guerra.
L'ora dell'ultimo assalto era finalmente sorta e Ulm'andher ancora una volta fu costretto a fermare Shintara, già pronta a correre verso il nemico. Il canto le suggerì di sedere e ascoltare, ma lei lo scacciò e gli diede le spalle, stanca di ordini e istruzioni, di racconti e di visioni; tutto ciò che voleva e aveva sempre voluto, la Vergine lo vedeva chiaramente alla fine del secco mare di nulla, oltre il deserto della Caduta, e oltre alla Caduta stessa. La sua insofferenza nei confronti del canto non intaccò però la sicurezza di Ulm'andher, che con pazienza le ricordò di come quella fosse una guerra condivisa, frutto degli sforzi di entrambi, e che alla fine della marcia per ciascuno di loro sarebbe arrivata la ricompensa, se non si fossero divisi.
Persuasa, Shintara attese che Ulm'andher cantasse, ma quando dall'altra parte arrivò solo silenzio, lei lo guardò e per la prima volta lo vide muto. Intuendo cosa volesse, gli consegnò l'arco e Ulm'andher lo scrutò attentamente, toccando il tendine e facendolo vibrare. Nell'aria ferma si diffuse un vibrato sfrigolante e Ulm'andher fece per accompagnare il suono col proprio canto, ma da lui non uscì una nota. Lentamente, la melodia scemò fino a scomparire, mentre il tendine vibrava ancora. Prima di restituire l'arco, Ulm'andher fissò Shintara e le fece capire che era arrivato il momento della scelta più dura; dentro di lei, un canto si levò a dar voce alla figura immobile che le porgeva l'arma. Il canto le chiese cosa avrebbe preferito, se tenere l'arco ma lasciare a Ulm'andher il primo assalto, oppure se attaccare per prima, ma abbandonare per sempre l'arco.
Un brivido di rabbia scosse Shintara e dentro di lei qualcosa cambiò per sempre.

mercoledì 15 aprile 2020

Sussurri della Mietitura -XVIII-

Attraverso il canto, Ulm'andher portò a Shintara la chiarezza di una visione calma, illuminando col racconto ogni cosa che lì dentro non era percepibile ai sensi, ma tramite i sensi alimentava lo sconforto. Allora la Vergine si lasciò blandire dal canto e camminò tra i miasmi come tra la brezza che dal mare soffia sul suo giardino, fendendo il buio verso il tenue bagliore che senza il canto non avrebbe notato. Più si avvicinava, più il bagliore prendeva forza e bandiva le tenebre tutte attorno: incastonato nella carne del Re pulsava un tendine di fuoco lungo e sottile, che scattava o si distendeva assecondando il movimento dell'enorme corpo cui apparteneva. Allora Shintara posò lo scudo a terra, perché aveva bisogno di tutta la sua forza, e avendo serrato la presa sul tendine cercò di strapparlo alla sua nicchia. L'urlo di Hieralw esplose là dov'era la Vergine e risalì il corpo per diffondersi infine nel mondo, eruttando dalla bocca cui il dolore aggiungeva ulteriore deformità.
A un passo dal venir sbalzata nell'abisso in cui sarebbe stata distrutta e digerita, Shintara strinse la presa sul tendine e vi rimase aggrappata, penzolando nel vuoto lamentoso, strozzata dai fumi putrescenti che i recenti pasti di Hieralw già esalavano. Guardò verso la luce ardente del tendine e quando realizzò di esserne osservata a sua volta, anzi fissata come solo un essere in totale controllo avrebbe potuto fare, capì di avere davanti lo Xenwa su cui il mostro che l'aveva ingoiata era stato eretto a furia di cannibalismo, l'origine debole e codarda del terrore che si apprestava a divorare ogni cosa in ogni dove. Strinse la presa su di esso e il fuoco rispose corrodendola, perché come il resto del cosmo era sensibile al primo seme che Zatamana aveva piantato: la paura. Lottarono con ferocia, l'uno per la sopravvivenza e l'altra per il potere, mentre l'enorme corpo di Hieralw pareva esserne vittima innocente e coi suoi spasmi frantumava la terra, scavava crateri e dappertutto diffondeva il suo orrendo lamento, che incrinò la vetta adamantina delle montagne nere, terrorizzando le mute stelle. La battaglia però giunse a stallo quando il tendine capì che Shintara non avrebbe mai allentato la morsa e lei realizzò che non lo avrebbe mai estirpato dalla carne; ma la Vergine trovava gratificazione nella lotta, feroce appagamento della missione che aveva scelto per sé e per il mondo, mentre Hieralw perdeva interesse per qualunque cosa non ne soddisfacesse gli appetiti, placati solo temporaneamente e comunque sempre al riparo di un nascondiglio nella terra. Così, mentre la prima cavava caparbietà dalla stanchezza, l'altro veniva frustrato dall'attesa di avere la meglio su un pasto che si ostinava a restare integro, anziché scomposto a nutrimento del Re. Fu così che il tendine si fece vulnerabile alla figlia di Tlaotlican, che lo strangolò impietosa e anzi gaudente nella tortura, per questo protratta più a lungo del necessario nonostante il fuoco stesse continuando a ferirla.
La fine arrivò in fretta e all'immobilità del tendine seguì quella dell'enorme corpo che aveva ospitato la battaglia. Shintara ebbe finalmente modo di sradicare lo Xenwa e di guardarlo meglio: non era molto più lungo di lei e le fiamme originate dall'alito di X'En erano ancora vive, tanto che lei lo usò per farsi largo nell'oscurità, dove recuperò Gargalos e la strada per il ritorno. Durante il tragitto, grazie alla luce di Hieralw riuscì ad apprezzare l'architettura dell'essere che l'aveva inghiottita e capì, con un'ombra greve sul volto non più in estasi da battaglia, di aver combattuto contro uno stomaco che cercava solo di nutrirsi, perché ammalato di una fame eterna.

mercoledì 8 aprile 2020

Sussurri della Mietitura -XXVII-

Shintara guidò gli Xenwa nella direzione che Ulm'andher aveva scelto e quando arrivarono nello sterile covo dell'avversario, là dove molti della loro specie erano caduti vittime del tradimento e del sacrificio rituale, non trovarono che un dedalo di alture scheggiate e steppe polverose, marciando su terra intrisa di Nuharon spento e freddo. I sentieri angusti divisero l'esercito della Vergine attraverso diramazioni sempre più fitte, e per quanto era probabile che gruppi prima separati si incontrassero confluendo fortunosamente nello stesso cunicolo, era invece molto più probabile che chi era costretto ad allontanarsi dalla guida di Shintara fosse già perduto.
Il suolo iniziò a emettere un rantolo affamato quando la forza principale si era ridotta per più della metà, e gli Xenwa mostrarono i segni di cedimento che Shintara aveva già visto durante la difesa del Letto, avendo costretto alla fuga molti di quelli che ora la seguivano. Allora fu alzato lo scudo per convincerli che sotto quell'egida nessun pericolo si sarebbe abbattuto, e gli Xenwa ripresero la forza primordiale da cui erano nati, e nel buio di quei tempi antichi illuminarono la via col riaccendersi del Nuharon che dava loro ogni ricchezza. Avanzarono alla cieca venendo spesso distratti dall'erompere improvviso di boati lontani, come di terra che trema e poi si spalanca al cielo nero con frattura secca, e ogni volta che succedeva Shintara prometteva loro la rovina se non avessero recuperato il coraggio; quelli cui il coraggio mancò all'avvicinarsi dei rumori vennero dunque massacrati senza risparmio di crudeltà, perché la Vergine scoprì di averne riserve inesauribili e di provare piacere a usarle.
Stretti nella morsa di due diverse minacce, gli Xenwa percossero il solco che la marcia di Shintara stava tracciando nei sentieri della steppa, verso una destinazione che era stata loro promessa ma che ancora non vedevano. Allora l'ultimo boato sgretolò la terra sotto di loro e partorì un vuoto profondo da cui si alzarono miasmi mortiferi, che precipitarono gli Xenwa nella follia mentre indifesi subivano l'arrivo di un tripudio di zanne acuminate, cancelli delle fauci di Hieralw, venendone maciullati. I pochi superstiti si raggrupparono sull'orlo dell'abisso, dietro Shintara e il suo scudo, cercando di guadagnare terreno verso una impossibile salvezza. La Vergine alzò gli occhi man mano che il corpo serpiforme di Hieralw usciva ululante dalla terra, e più lo vedeva alzarsi verso le stelle, meno saldamente reggeva lo scudo che aveva plasmato per proteggerla.
Ma nel momento in cui il Re schioccò la testa verso ciò che rimaneva dell'esercito creato per sfidarlo, la voce che mai aveva abbandonato la Vergine le disse di avere fede in Gargalos. Allora lei si strinse al suo scudo come la terra fa con il mare, e in un attimo non fu più nella steppa, a un passo da morte certa e sconfitta definitiva. Dietro di lei non c'erano più gli Xenwa spaventati che aveva condotto alla morte, ma solo un silenzio che si estendeva da ogni parte senza riempire nulla. La terra non tremava più, perché non era terra quella che stava calpestando. Confusa da domande che assaltavano la sua mente come uno sciame affamato, Shintara però si accorse che non era lei a porsele. Percepì il canto di Ulm'andher rispondere ai dubbi che lui stesso aveva sollevato, e allora Shintara seppe di trovarsi all'interno di Hieralw e subito la sensazione luttuosa della sconfitta le scivolò di dosso, perché la voce le spiegò ciò che andava fatto.

mercoledì 1 aprile 2020

Sussurri della Mietitura -XXVI-

La Parola fu trasmessa da Ahn a Shintara affinché lei potesse esercitarla come il maestro aveva insegnato, quindi la Vergine si avvicinò a Gargalos da dentro l'immensa ombra del re, perché fu pronta a fare ciò che andava fatto. Emise la Parola con la pura brutalità che l'aveva animata nella difesa del suo giardino, ma nell'attimo in cui la pronuncia fu compiuta, Shintara ne perse il controllo e la memoria, come un arco cui la freccia appena scoccata non appartiene più. Similmente anche Gargalos fece in tempo a contemplare la Parola prima di sentire su di sé gli effetti ed esserne trasformato. Il re grigio assunse infatti la forma che aveva visto durante la Caduta, e che aveva amato senza riserve prima ancora di sapere che quello era il viso di Ama Nundra Mun, destinata a essere tanto la sua vittima quanto il suo miracolo. La perfezione immortale contenuta nella grandezza del Primo Codice ora apparteneva all'aspetto dell'ormai spento Gargalos, plasmato dalla Parola in un disco pallido.
Raccolti nel fascino di quanto avevano visto, gli Xenwa superstiti della battaglia ereditarono la volontà di Gargalos e si votarono a Shintara. Solo allora e solo a lei apparve Ulm'andher, mostrandosi nell'aspetto proprio della Vergine e cantandole cosa sarebbe successo da lì in avanti.
Ulm'andher esordì con la celebrazione della vittoria e l'esaltazione del loro sodalizio, ma quando lo sguardo duro di Shintara chiese perché durante la battaglia l'avesse lasciata sola, il canto rispose che il risultato più prezioso è quello che si ottiene senza necessità di violenza. La Vergine comprese in quel momento il ruolo di Ulm'andher nella convocazione di Gargalos e si placò. Tessendo fili di suono che solo lui poteva vedere, la istruì su come brandire il nuovo corpo di Gargalos e lei obbedì, e ciò che la Parola aveva plasmato in un innocuo disco pallido, sul braccio di Shintara divenne poderoso scudo per sé e per l'Abbraccio. Rigenerata dal tracimante travaso di potere, la Vergine alzò l'arma per chiamare a raccolta gli Xenwa e con un altro movimento ordinò che marciassero dove la sua ambizione comandava: verso le montagne nere di Rasseth. Tanto era corrotta dall'ingenuità che bastasse la sua nuova forza ad abbattere Sei Ali, la Vergine nemmeno badò agli avvertimenti di Ulm'andher e in testa a novanta colonne di luminosi Xenwa iniziò la marcia di guerra.
Ma Ulm'andher, cui il genio non difettava perché sapeva che l'acqua trasforma la roccia più velocemente e meglio di un'altra roccia, la incalzò col racconto di Hieralw. Le cantò del vorace re Xenwa, cresciuto nel corpo più di Gargalos e nel potere più di Rasseth, destinato a far del mondo il suo ultimo pasto dopo aver consumato terra, acqua e persino la sua razza.
Quando finalmente ebbe l'attenzione di Shintara, il saggio Ulm'andher cantò che nella sconfitta di Hieralw risiedeva la fonte di un potere ancora più grande rispetto al re grigio, necessario alla sopravvivenza dell'Abbraccio e chiave per la sempiterna cancellazione della Caduta dalla terra. La Vergine allora attese che le venisse detto dove portare la guerra e Ulm'andher indicò la parte opposta alle montagne nere, cantando di una steppa senza fine oltre il deserto della Caduta, là dove al riparo di colli aridi e gole scavate nella pietra rossa stavano in agguato i cacciatori di Hieralw, sue avanguardie sul mondo e messaggeri dell'appetito senza riposo del loro signore.