mercoledì 29 gennaio 2020

Sussurri della Fioritura -XVII-

Il sangue, l'acqua e il fuoco raccolsero la propria collera e giurarono, ognuno nel silenzio e nella solitudine del pensiero, che Ama Nundra Mun sarebbe stata la culla della miseria senza fine. Tanto uniti nell'ira quanto divisi nel suo esercizio, i tre Eterni scelsero metodi diversi, perché assai diversi se non addirittura opposti erano loro stessi, per portare la rovina sulla razza dei dràna.
Il primo all'azione fu Szotlan, signore della vita e del sentimento della schiatta mortale, perché avendo sacrificato parte di sè affinché le creature dell'Abraccio potessero sorgere, esercitava su di esse un'ascendente diretto e assai più forte di qualunque forgiatura la Materia potesse permettere. In sua virtù, il sangue delle creature venne contaminato dalla passione che più di tutte, perché più vecchia e potente delle altre, tiranneggia l'esistenza mortale. Essa è retaggio del caos che Zatamana aveva portato nel cosmo e al suo cospetto persino gli Eterni si erano scoperti inermi come sassi. Essa era la paura, che da allora fu fertile madre di una potente stirpe di passioni. Come suo primo atto su Ama Nundra Mun, però, la paura si limitò a convincere le creature che certi rumori erano sinistri, alcuni odori sospetti e persino le sagome di talune razze rappresentavano una minaccia alla propria carne. Tra i figli di Ama Nundra Mun si diffuse dunque il sospetto reciproco, e fu così che ebbero difficoltà nella caccia non solo i dràna assetati di sangue, ma anche i Nér e le creature carnivore. Alle prime aggressioni da parte di chi fra loro iniziava a soffrire la fame, i dràna convocarono colui che era stato insignito della sovranità con la consegna dei Quattro Codici e lo chiamarono col nome che si era guadagnato, "Indh", che nella loro lingua indica la vetta della montagna. Guardarono Indh nel suo occhio blu dalla pupilla d'argento e gli dissero che le loro prede erano diventate astute e sfuggenti.
"Allora diventatelo voi stessi." rispose Indh "Abbiamo ereditato il potere della lingua dal Coro genitore. Ognuno di voi ne sviluppi il controllo"
Ispirati dal suo consiglio, i dràna affamati usarono il potere della lingua per ingannare i sensi delle creature: si fusero alle tenebre e alle ombre delle prede stesse, coprirono il suono del proprio movimento fino a diventare silenziosi come pensieri, presero le sembianze di pozzanghere e corsi d'acqua per attirare gli assetati.
Venne allora la ritorsione di Tlaotlican, che se già non poteva soffrire l'esistenza di quegli Abomini sul corpo dell'amata, a maggior ragione non avrebbe tollerato che essi emulassero la Materia Sussurrante per trarne vantaggio. Convinse dunque l'acqua che il corpo dei dràna fosse assai più pericoloso del fuoco di X'En e di conseguenza, da allora e per sempre, i figli del Coro vivono la Materia senza poter accedere a una parte di essa; non riuscendo ad assumere forma di nebbia o di stagno, ed essendo percepibili anche nell'oscurità per il vuoto che la pioggia fa attorno alla loro sagoma, i dràna non soltanto recuperarono la fatica nella caccia, ma scoprirono e nutrirono un nuovo sentimento: la tristezza.
Afflitti da una guerra che li stava abbattendo dall'interno, si presentarono ancora una volta a Indh e stavolta non ci fu bisogno di domande o suppliche. Indh allora indicò il cielo, in silenzio. La coltre di fuoco era scomparsa, lasciando pensare agli ingenui che X'En si fosse ritirato. E così, mentre i più gioivano, soltanto Indh e un altro dràna tenevano l'attenzione rivolta alle stelle. L'ala di pipistrello tagliò rapidamente l'aria "Arrivano."

mercoledì 22 gennaio 2020

Sussurri della Fioritura -XVI-

Quando l'ultima di quelle parole fu pronunciata, quiete e ozio andarono persi per sempre. Si alzarono i venti della guerra, i cieli divennero cupi, gli oceani mormorarono irrequieti e i dolci frutti di Ama Nundra Mun fecero cancrena negli stomaci delle creature. Il dràna che aveva sfidato gli Eterni discese allora la montagna e chiamò i suoi simili in una vasta vallata. Da un capo all'altro del crepaccio sfilarono a perdita d'occhio gli orrori suoi fratelli e sorelle e ad essi si rivolse, abbracciando la sterminata assemblea col suo sguardo totale, perché la struttura fisica del dràna non aveva spalle e il suo unico occhio blu dalla pupilla d'argento poteva essere fissato da ogni parte, malgrado non fosse utile alla vista. Disse che non c'era nulla da temere e che li avrebbe guidati alla vittoria, se glielo avessero permesso. Mentre parlava, spirali di fiori di carne gli crebbero intorno e la brezza rinforzò vorticando ai confini della valle.
Tra la folla grottesca si erse una sagoma contorta, coi diciotto arti lucidi degli umori delle creature di cui si era nutrita, e parlò sferzando l'aria con l'ala di pipistrello che aveva al posto della testa. "Il sangue, l'acqua e il fuoco sono troppo grandi, troppo antichi, e noi troppo giovani."
Prima che il dràna al centro di tutto potesse rispondere, un coro di risate sinistre tuonò dalle profondità dei cieli e una danza di voci precipitò nella fosca assemblea, blandendone dubbi e paure. Il Coro cantò per farsi riconoscere dai suoi figli, poi li istruì sulla materia e sugli Eterni. Tenne però l'insegnamento più importante per il dràna al centro di tutto, riconoscendogli il comando. A lui e a lui soltanto, il Coro rivelò i Quattro Codici.
Forte della conoscenza, egli tornò sulla cima della montagna e si rivolse alle nubi incandescenti che X'En aveva assembrato rancoroso, privando i ribelli della rassicurante presenza delle stelle e del buio. Disse "Tu, Fiamma Immortale, rispetterai il Primo Codice: non toccherai Ama Nundra Mun se non da lontano col tuo respiro". A quelle parole, il cielo rosso iniziò a crepitare saette.
Poi il dràna guardò giù, dove il mare si abbatteva rabbioso sulla roccia "Tu, Materia Sussurrante, rispetterai il Terzo Codice, perché l'unica tua ricchezza risiede nell'Abbraccio"
Quindi, mentre le onde cercavano disperatamente di risalire l'altissima parete che separava il mare dalla vetta della montagna, il dràna penetrò con lo sguardo oltre le celesti mura di fuoco e vide Szotlan. "E tu, Primo Sangue, rispetterai il Quarto Codice: la mia razza è nativa di Ama Nundra Mun e quindi soggetta a natura. Il tuo sacrificio non ha preso parte alla nostra nascita, ma non perché lo abbiamo chiesto."
Il dràna discese ancora una volta la montagna e questa volta per sempre. L'ala di pipistrello vibrò curiosa "Non hai evitato la guerra, lo sai. Allora cosa hai fatto?"
"Ho stabilito le regole."

mercoledì 15 gennaio 2020

Sussurri della Fioritura -XV-

Questa razza deforme, questo consesso di Abomini sbocciati dalla morte come frutta da un albero in fiore, era la contaminazione incarnata da Zatamana ai danni della divina simmetria di tutto ciò che è vivo. La sola visione del loro blasfemo insieme alterò la saldatura dell'Abbraccio, perché Tlaotlican aveva timore che toccandoli ne sarebbe rimasto infettato, e per lo stesso motivo X'En fu sedotto per la prima e ultima volta alla ritirata. Intanto che questi eventi si svolgevano, Drà recuperò le proprie forze e l'Eterno Conflitto potè risorgere agli antichi fasti.
In segno di riconoscenza verso l'Oscuro suo padre, che lo aveva tenuto in grembo proteggendolo dalla Fiamma Immortale, Zatamana chiamò Dràna gli esseri evocati dalla devastazione della terra. Ciascuno di essi non rappresentava che una mera diramazione tra le sconfinate radici del caos, esemplare unico di fin dove potesse spingersi la fantasia del disordine; ma al di là di apparenze prive di ogni grazia e ragione, i Dràna possedevano qualcosa che già li elevava al di sopra delle altre creature di Ama Nundra Mun, qualcosa che nemmeno i fratellastri Nér potevano controllare e che li avrebbe posti in aperto contrasto con gli Eterni. Senza che fossero stati istruiti a formarla e poi ad esercitarla, i Dràna parlavano infatti una propria lingua. Mentre essi si organizzavano per prendere coscienza collettiva del loro spazio vitale e delle altre razze con cui avrebbero dovuto condividerlo, gli Eterni convocarono un consesso per far fronte a questa inaspettata evoluzione degli eventi.
"Parlano," esordì Ahn "saranno dunque sotto la mia protezione."
Szotlan invece sembrava contrariato "Parlano senza essere Eterni, vivono senza che il mio sacrificio scorra in loro. Non possiamo tollerare questo abominio."
"Mi rifiuto di dissetare creature così ripugnanti." disse Tlaotlican.
"Tu rifiuti creature che non siano frutto dell'Abbraccio, amor mio." rispose Ama Nundra Mun "Ma non preoccuparti, i Dràna non hanno bisogno di te e io non ho bisogno di questo consesso per decidere che vivranno."
"La tua parola non può avere più peso della mia, che sono l'origine di tutto." rispose Lhé.
Zatamana intanto restava silente. Era dall'atto della creazione dei Dràna che il suo Coro non si levava. X'En lo osservò con raccapriccio "Il tuo silenzio è anche più spaventoso del tuo canto, così come i tuoi figli sono più orrendi adesso che parlano, rispetto a quando sono sorti dalla terra bruciata languendo e ringhiando. La vostra esistenza è una minaccia per il cosmo."
"Ipocrita," lo schernì Drà "perché cerchi di dare ordine alla tua natura caotica? Ti vergogni così tanto, Fiamma Immortale, che la tua brama di distruzione nasca dal vuoto? Non vedi che Zatamana tende al disordine almeno quanto te, rendendoti meno solo nel cosmo? O forse è proprio questo che ti affligge, il non essere più l'unica potenza sovversiva della Materia. Eri pura rabbia, e ora grazie a mio figlio sei anche orgoglio."
"Se è così, fratello, allora non è saggio da parte tua provocarlo." lo avvertì Ik Ki.
Intanto, allarmato dall'aria greve che il Consesso aveva creato, uno dei Dràna si staccò dai suoi simili, si inerpicò lungo una montagna e raggiunta la cima alzò lo sguardo verso il cielo, dove vide gli Eterni dibattere circa il destino della sua specie. "Il sangue, l'acqua e il fuoco hanno scelto l'odio per evitare di ascoltarci; allora ci ascolteranno. Se prima o dopo la guerra, decidetelo voi."

mercoledì 8 gennaio 2020

Sussurri della Fioritura -XIV-

L'inganno che Zatamana usò a suo vantaggio per sparire si nascose nella semplicità della proporzione: tanto più la rabbia e le fiamme di X'En crescevano, quanto più piccolo Zatamana diventava, rimpicciolendo il suo essere fino al punto estremo di sembrare indistinguibile dal nulla, insignificante come la porzione di potere usata per operare quel sortilegio. Invisibile all'occhio della sua razza, scese su Ama Nundra Mun e si divertì ad assumere l'aspetto di diverse creature per accoppiarsi coi loro simili. Furono così generati i Nér, "ascendenti" di una schiatta di esseri in tutto simili alle creature con cui dividevano metà del loro sangue, ma dalla natura mutevole e dagli appetiti votati all'anarchia.
Quando la luce si pose su di loro, Ik Ki riconobbe l'opera di Zatamana e puntò su Ama Nundra Mun la sua arma, X'En la Fiamma Immortale, che ribollendo e tuonando si rovesciò come rovina fatale sulla Culla tra i Vuoti. Allora Tlaotlican si sottrasse all'Abbraccio e sollevò all'unisono gli oceani per proteggere l'amata dalla furia del fuoco. L'impatto tra i due Eterni spazzò fuori dal creato le creature volanti, la gran parte di quelle acquatiche e costrinse sotto terra quelle più scaltre, mentre le altre perirono tra i tormenti dell'acqua bollente e delle foreste in fiamme. La sofferenza dei suoi figli mosse Ama Nundra Mun a contrizione, che parlando con la voce soffocata dalla morte e dal fumo rivolse a Zatamana la preghiera di riportare in vita i caduti.
Così Zatamana spiegò le sue voci come ali e lasciò che il Canto volasse tra le braci dei boschi carbonizzati, là dove la tenebra era più cruda. Dal suolo nero si levarono ombre vive con arti deformi e lunghe carni e fauci lamentose, strisciando attorno ai tronchi morti per alzarsi da terra, cibandosi delle ceneri e dilaniando i fratelli e le sorelle più deboli. Al solo vedere questo orrore, la voglia di Tlaotlican di tornare all'Abbraccio vacillò, e persino il corpo torrido di X'En perse calore, quasi il suo appetito per la distruzione di Zatamana si fosse anzitempo saziato. Quando dunque la guerra ebbe perso vigore e alle creature venne concesso il tempo di correre a ripari più protetti, Ama Nundra Mun guardò con stupore ai suoi nuovi figli e li accolse al suo grembo fertile, ingenua o forse incurante che quegli esseri fossero realmente le creature per cui aveva pregato Zatamana. Li avrebbe amati senza condizioni, perché lei aveva un nome e il suo nome era Culla tra i Vuoti.

mercoledì 1 gennaio 2020

Sussurri della Fioritura -XIII-

La profezia della Fiamma Immortale arrivò a fioritura negli attimi successivi alla sua pronuncia: trascendendo i limiti del grembo di Drà, che aveva già avidamente drenato per nutrirsi, Zatamana estese la sua aura affamata fino ai limiti del cosmo e poi giù nelle fondamenta della Materia stessa. Un concerto di voci suadenti e blasfeme, su cui persino Ahn non aveva potere e anzi ne venne sedotto, si sparse come peste purulenta corrompendo la natura di chiunque e qualunque cosa avesse toccato. Dopo aver punto la superficie della luce fino a creparla, infatti, il morbo trasfigurò l'aspetto dell'ombra e i suoi più intimi riflessi, creando i colori freddi dal loro negativo luminoso, appannaggio degli astri. L'effetto si estese alla vita tanto quanto alla materia inerte, all'Eterno come alla più umile creatura di Ama Nundra Mun, creando il caos là dove c'era l'equilibrio di un presente immutabile e dilatato nell'eternità.
Se questa era la gravità della pressione esercitata dalle voci di Zatamana durante l'incubazione, alla nascita non ebbero più alcun freno e tutti gli Eterni furono colpiti da una raggelante sordità e bloccati lì dov'erano, prede di un sentimento estraneo alla loro natura.
Il nuovo Eterno strisciò fuori dall'utero di nebbia e guardò il cosmo con occhi ridenti, mentre le sue molte voci facevano ancora della Materia il proprio trastullo. Allora Ik Ki capì cosa significasse l'avvertimento di X'En e ordinò a questi di porre rimedio con la Fiamma. Felice di consumare, X'En richiamò la collera che aveva tenuta soppressa dentro di sé e crebbe in molti ordini di grandezza, tanto da minacciare con la sua stazza gli Eterni che gli stavano alle spalle credendosi al sicuro, fino quasi a lambire uno dei confini del cosmo.
Al momento di sfogarsi sulla vittima, però, X'En non la vide più. Rapiti dalla magnificenza della rabbia della Fiamma Immortale, gli Eterni l'avevano persa di vista e nemmeno sentivano più le sue voci, né ne percepivano gli effetti distorsivi sull'ordine delle cose.
Il nuovo Eterno, che secondo il suo nome "non ha colpa", era sparito.