mercoledì 20 maggio 2020

Sussurri della Mietitura -XXXIII-

Per la prima volta da quando l'Abbraccio era stato composto, Tlaotlican si sottrasse completamente ad esso: la massa d'acqua che prendeva corpo nei mari giovani e nei timidi rigagnoli del giardino fu chiamata a proteggere tutti i suoi letti e si levò compatta, a formare un fitto di aculei ispidi che crebbero veloci e rigogliosi come una foresta traslucida. Lance d'acqua su cui il bagliore di X'En regalava una patina di splendore sacro si allungarono ben oltre la vetta dove Shintara ancora giaceva in ginocchio, e costruirono la volta di un cielo nuovo, contrapposto alla massa di fuoco che stava rovesciandosi con furia di sussurri blasfemi e crepitio di folgori. Lo scontro tra i due Eterni fu più brutale della prima volta, quando soltanto l'orrenda genesi dei Dràna era riuscita a fermarli, e i venti dell'impatto si rovesciarono carichi di dolore sulla terra inerme, contaminandola. L'acqua e il fuoco si consumarono con odio e violenza, ma non un singolo brano di distruzione stavolta arrivò al suolo, perché Tlaotlican aveva memoria dell'originale sofferenza dell'amata e mai avrebbe permesso di vederla ancora in pena. Trasse forza dal lottare per lei, mentre X'En condusse una lotta più semplice, interamente votata al perseguimento della propria natura. Nel momento in cui i duellanti persero vigore, le lance di Tlaotlican iniziarono ad accasciarsi una dopo l'altra sulla terra, e lentamente specchi d'acqua stanca si diffusero su Ama Nundra Mun, che con gioia li accolse di nuovo; il corpo di X'En invece diventava sempre più piccolo, e sempre meno tuoni erompevano dall'accendersi della sua ira. Quando i mari si erano ricomposti e in cielo non c'era altro che una chiazza di luce incoronata da fiamme rosse, Shintara riprese la postura e alzò la testa. Afferrò la rete e dopo averla fatta roteare sopra di sé, risucchiando tutti i venti che avevano torturato Ama Nundra Mun, la lanciò sul nemico spossato e lo intrappolò al suo interno.
Sentendosi costretto in una condizione che gli era innaturale e umiliante, X'En tentò subito di ribellarsi ad essa, e tanto più una parte della sua forza veniva ripristinata dalla rabbia, quanto meglio la rete riusciva a contenerlo. Allora Shintara lo lasciò lì, al centro del cielo, a illuminare l'Abbraccio senza però la possibilità di distruggerlo. Discese poi il monte da cui X'En e gli Eterni erano stati sfidati, e una volta alle sue pendici lo distrusse con un colpo dello scudo. Tra i figli che sarebbero nati dall'Abbraccio nella pace appena seminata, nessuno avrebbe così avuto modo di raggiungere la vetta e liberare X'En dalla rete, né di sfidare il cosmo e i suoi regnanti. Shintara attese che l'amore tra Tlaotlican e Ama Nundra Mun riprendesse il suo moto, e quando X'En scomparve dietro l'orizzonte a occidente, dove le Montagne Nere si alzavano imponenti e inconsapevoli della loro terribile deformità, prese lo scudo e lo lanciò verso le stelle. Lì Gargalos per sempre giace, pacifico e amorevole nel suo sguardo pallido verso la terra, ispirando il canto delle creature e sollevando le maree quando Tlaotlican, ancora stanco per la lotta con la Fiamma Immortale, non riesce ad accarezzare l'amata.
La Vergine giudicò che fosse arrivato il tempo del riposo e si diresse verso il suo giardino, ma una voce sbocciò vibrando dalla quiete della notte e strisciò su di lei, precedendo l'essere che apparve sul sentiero. Tutto ciò che Shintara riuscì a vedere, però, fu soltanto un occhio azzurro dalla penetrante pupilla d'argento. Indh le parlò col coro delle sue due voci e lei, stanca di guerra e di sospetto, si convinse ad ascoltarlo. Imparò allora che durante la Caduta, lui e i suoi simili avevano creato col canto un luogo al riparo dagli Xenwa e dalla loro distruzione, e che per loro era arrivata l'ora di riprendere lo spazio vitale che Ama Nundra Mun gli aveva concesso. Indh riconobbe la vittoria di Shintara e come atto di sottomissione le consegnò un dono.

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