mercoledì 27 maggio 2020

Sussurri della Mietitura -XXXIV-

Quello che Indh intese come dono, e anche tra i più preziosi, per Shintara certamente non lo fu. Le cantò infatti chi fosse Ulm'andher in verità, un dràna senza fede che si era avvicinato a lei non soltanto per poterla dirigere contro i propri nemici, quegli Xenwa che avevano occupato il suo spazio votato al caos, ma anche per poter prendere il posto della Vergine alla destra di Tlaotlican negli abissi marini. A quelle rivelazioni, vedendola combattuta, Indh le disse di andare a controllare di persona e così fu; Shintara si diresse al suo giardino e arrivata allo scoglio su cui aveva compiuto l'Ascesa, guardando nell'acqua che il sonno di Tlaotlican rendeva priva di increspature e quindi limpida, vide un volto che la fissava. Non avendo però mai avuto coscienza della propria immagine se non nell'incarnazione di Ulm'andher, che era stato scaltro a usarla per guadagnarsi la sua fiducia, Shintara non si riconobbe. Una nuova forma di dolore la ridusse in ginocchio, e lunghe ombre di straziante tristezza alimentarono pensieri sempre più cupi e sinistri. Chiedendosi perché il padre l'avesse sostituita, si rispose che era quella la punizione per aver rifiutato tante volte il suo aiuto. Allora le tornarono alla mente le parole di Ulm'andher prima della battaglia contro Rasseth, quando le promise che non l'avrebbe mai più rivisto se gli avesse lasciato il primo assalto. In quel momento la Vergine accolse l'abbandono, l'odio e conobbe il tradimento. Si rivolse al mare e fece per maledirlo, ma neanche un suono fu emesso perché in lei non albergava voce. Uno degli Eterni, guardandola, lasciò il perfetto e immobile consesso cosmico della sua razza per poterle stare accanto, mosso a commozione dalla bellezza di quel muto dolore. Egli si fece pioggia vermiglia e cadde sul Letto della Vergine, grondando dai rami e sgocciolando dalla punta delle foglie, tracciando lacrime rosso sangue sul volto di Shintara. Fu così che Szotlan e la Vergine si innamorarono.
Intanto, dai recessi del cosmo eruppe la voce di tutte le cose che danzando tra astri e vuoti, blandendo il freddo della tenebra tanto quanto il caldo della luce, invocò l'attenzione degli Eterni sul destino di Ama Nundra Mun. Ahn parlò per prendere atto della fine di un'era di miserie e di dolore, in cui gli esseri superiori di cui faceva parte si erano abbassati all'inimicizia, all'avidità e alla violenza. Ma Ik Ki e Drà persero ben presto interesse per quelle parole, perché l'equilibrio dell'Eterno Conflitto era stato da tempo ripristinato e non desideravano altro che proseguirlo, nella solitudine della loro duplicità. Ahn si rivolse dunque agli altri Eterni, ma Szotlan era distratto dall'amore, mentre X'En covava inesauribile furore intrappolato nella rete di Rasseth, condannato a trasmettere la propria luce a tutto ciò che desiderava distruggere. Ahn cercò il parere del suo creatore Lhé, ma pur spargendo in ogni dove la risonanza del suo nome, senza ricevere risposta, alla fine prese atto che il capostipite della schiatta eterna, il motore originale che aveva dato impulso alla Materia, era scomparso. Restava Zatàmana, le cui voci tacevano fin dall'atto di creazione dei dràna e che aveva aspettato fino ad allora, paziente e sornione, che gli eventi si sviluppassero secondo una precisa sintonia. I due Eterni furono d'accordo sulla necessità di creare un nuovo ordine attorno ad Ama Nundra Mun, in funzione dei Codici e a vantaggio dell'Abbraccio. Scesero insieme sulla terra e già la loro venuta liberò la vita che la Caduta aveva annichilito: là dove regnava il silenzio sterile e arido, subito si levò il sussurro del vento e quello dell'erba che cresce; piante e alberi si liberarono dalla sabbia e svettarono con rabbia verso il caldo sole, quasi a schernirlo, mentre dalle caverne e dai boschi uscirono timidi i nuovi figli dell'Abbraccio. A quel punto Ahn lanciò nell'aria il nome di Shintara, perché desiderava conoscerla e coinvolgerla nel fato del mondo per cui lei aveva lottato. Colei che si presentò alla sua presenza e a quella di Zatàmana non era però Shintara. Non più.
L'essere era il frutto dell'amore sacrilego tra la Vergine e Szotlan ma non conservava sembianze nè dell'uno, nè dell'altra. La loro copula aveva riunito la carne e il sangue del creatore e formato un nuovo Eterno, senza nome perché non più vergine, pronto a ereditare la terra e a fare dei Codici il suo scettro. Su tutta Ama Nundra Mun sparse un mantello di ombra rossa e sotto di esso gli animali si riunirono per imparare a odiarsi e per concepire le future generazioni. Ahn ne osservò con sgomento la grandezza; Zatàmana invece non disse nulla. Non ce n'era bisogno, perché ogni cosa si stava muovendo nella direzione che il Coro aveva cantato.

mercoledì 20 maggio 2020

Sussurri della Mietitura -XXXIII-

Per la prima volta da quando l'Abbraccio era stato composto, Tlaotlican si sottrasse completamente ad esso: la massa d'acqua che prendeva corpo nei mari giovani e nei timidi rigagnoli del giardino fu chiamata a proteggere tutti i suoi letti e si levò compatta, a formare un fitto di aculei ispidi che crebbero veloci e rigogliosi come una foresta traslucida. Lance d'acqua su cui il bagliore di X'En regalava una patina di splendore sacro si allungarono ben oltre la vetta dove Shintara ancora giaceva in ginocchio, e costruirono la volta di un cielo nuovo, contrapposto alla massa di fuoco che stava rovesciandosi con furia di sussurri blasfemi e crepitio di folgori. Lo scontro tra i due Eterni fu più brutale della prima volta, quando soltanto l'orrenda genesi dei Dràna era riuscita a fermarli, e i venti dell'impatto si rovesciarono carichi di dolore sulla terra inerme, contaminandola. L'acqua e il fuoco si consumarono con odio e violenza, ma non un singolo brano di distruzione stavolta arrivò al suolo, perché Tlaotlican aveva memoria dell'originale sofferenza dell'amata e mai avrebbe permesso di vederla ancora in pena. Trasse forza dal lottare per lei, mentre X'En condusse una lotta più semplice, interamente votata al perseguimento della propria natura. Nel momento in cui i duellanti persero vigore, le lance di Tlaotlican iniziarono ad accasciarsi una dopo l'altra sulla terra, e lentamente specchi d'acqua stanca si diffusero su Ama Nundra Mun, che con gioia li accolse di nuovo; il corpo di X'En invece diventava sempre più piccolo, e sempre meno tuoni erompevano dall'accendersi della sua ira. Quando i mari si erano ricomposti e in cielo non c'era altro che una chiazza di luce incoronata da fiamme rosse, Shintara riprese la postura e alzò la testa. Afferrò la rete e dopo averla fatta roteare sopra di sé, risucchiando tutti i venti che avevano torturato Ama Nundra Mun, la lanciò sul nemico spossato e lo intrappolò al suo interno.
Sentendosi costretto in una condizione che gli era innaturale e umiliante, X'En tentò subito di ribellarsi ad essa, e tanto più una parte della sua forza veniva ripristinata dalla rabbia, quanto meglio la rete riusciva a contenerlo. Allora Shintara lo lasciò lì, al centro del cielo, a illuminare l'Abbraccio senza però la possibilità di distruggerlo. Discese poi il monte da cui X'En e gli Eterni erano stati sfidati, e una volta alle sue pendici lo distrusse con un colpo dello scudo. Tra i figli che sarebbero nati dall'Abbraccio nella pace appena seminata, nessuno avrebbe così avuto modo di raggiungere la vetta e liberare X'En dalla rete, né di sfidare il cosmo e i suoi regnanti. Shintara attese che l'amore tra Tlaotlican e Ama Nundra Mun riprendesse il suo moto, e quando X'En scomparve dietro l'orizzonte a occidente, dove le Montagne Nere si alzavano imponenti e inconsapevoli della loro terribile deformità, prese lo scudo e lo lanciò verso le stelle. Lì Gargalos per sempre giace, pacifico e amorevole nel suo sguardo pallido verso la terra, ispirando il canto delle creature e sollevando le maree quando Tlaotlican, ancora stanco per la lotta con la Fiamma Immortale, non riesce ad accarezzare l'amata.
La Vergine giudicò che fosse arrivato il tempo del riposo e si diresse verso il suo giardino, ma una voce sbocciò vibrando dalla quiete della notte e strisciò su di lei, precedendo l'essere che apparve sul sentiero. Tutto ciò che Shintara riuscì a vedere, però, fu soltanto un occhio azzurro dalla penetrante pupilla d'argento. Indh le parlò col coro delle sue due voci e lei, stanca di guerra e di sospetto, si convinse ad ascoltarlo. Imparò allora che durante la Caduta, lui e i suoi simili avevano creato col canto un luogo al riparo dagli Xenwa e dalla loro distruzione, e che per loro era arrivata l'ora di riprendere lo spazio vitale che Ama Nundra Mun gli aveva concesso. Indh riconobbe la vittoria di Shintara e come atto di sottomissione le consegnò un dono.

mercoledì 13 maggio 2020

Sussurri della Mietitura -XXXII-

Lo scoccare del tendine liberò il maleficio di cui era intriso e lo fece sfrecciare invisibile verso l'inerme Sei Ali.
Questi ne fu pervaso più che colpito, perché la voce che Shintara aveva sentito al momento dell'attacco ora si diffondeva come un morbo nel corpo di Rasseth, corrodendone la luce. La voce lo convinse che tutto era perduto perché niente era mai stato in suo possesso, né la sua esistenza, né tantomeno le ali di cui tanto andava fiero; lo informò sul destino degli Us'fulum e su cosa sarebbe successo da quel momento in avanti, fino ai tempi lontanissimi della fine di ogni cosa. Rasseth perse il senno cercando di mantenerlo, e urlando ai cieli stellati emise la sua ultima luce, precipitando infine sulla terra che aveva corrotto senza mai toccarla. Vedendolo sconfitto ma ancora lamentoso, umiliato ma energico nell'esercizio della follia con cui l'arco l'aveva trapassato, Shintara afferrò le sue ali e una dopo l'altra gliele strappò dal corpo; Rasseth spirò prima ancora che una sola goccia di Nuharon toccasse il suolo. Così finiva l'odioso regno dei Triarchi, e con essi i miasmi di fuoco che originandosi dalla Caduta si erano propagati come pustole sul volto di Ama Nundra Mun, rendendo decrepito ciò che era nato bello sopra ogni altro esemplare di Materia nel cosmo, spargendo una luce di morte nella notte che i Gemelli rendevano eterna con la loro lotta.
Shintara prese le ali di Rasseth e ne fece una grande rete, poi con essa e il resto delle sue armi raggiunse la vetta da cui Indh aveva sfidato gli Eterni. Da lì si rivolse ai vuoti esibendo i suoi trofei: mostrò il possente Gargalos, nato dalle ossa di Lhe e ora ridotto a scudo della Vergine; mostrò l'arco fabbricato col corpo di Hieralw, che in principio fu nervo del primo fra gli Eterni; infine sollevò l'ultima delle sue armi, la rete costruita con le ali di Rasseth, che del Triarca erano state forza e orgoglio, e prima ancora come pelle avevano protetto la carne di Lhé. Allora dallo stomaco del cosmo si levò un'aura torrida e poi una luce, prima discreta e innocua come una delle stelle che le brillavano intorno, poi più grande e nitida, e il suo colore non poteva ingannare Shintara perché lei più di tutti, più di Drà e dei suoi figli, aveva imparato a odiare il fuoco. Dopo aver estinto la luce degli Xenwa, era tempo di affrontare il loro ascendente e dunque mondare per sempre l'esistenza da coloro che minacciavano l'Abbraccio.
Si sollevò lungo il monte il sussurro cui Shintara era più affezionata, e quando infine la raggiunse sulla vetta lei si decise ad ascoltarlo: dal profondo degli abissi neri che l'avevano istruita, fino alle creste bianche delle onde irrequiete, Tlaotlican le offrì aiuto. Le parlò con la pazienza di un padre, mentre X'En nel suo avvicinamento si faceva sempre più grande e già gli alberi e i prati del Letto della Vergine iniziavano a soffrirne.
Per Shintara fu come se l'acqua avesse pulito lo strato di rabbia e ferocia che la opprimevano, e improvvisamente le vennero a mancare le forze. Cadde in ginocchio, distolse lo sguardo dal fuoco che aveva invaso tutto il firmamento, e pianse. Le lacrime caddero dalla vetta del monte, scavarono un solco nella roccia e si mischiarono al mare cui appartenevano. Tlaotlican ebbe così la sua risposta, e innumerevoli spire di azzurra acqua presero la via del cielo per farsi lance della terra.

mercoledì 6 maggio 2020

Sussurri della Mietitura -XXXI-

Rasseth rispose alla chiamata e su Ama Nundra Mun divampò la sua luce. Sorse dal letto delle montagne e ne strinse le vette con le sei ali, provocando un lamento di roccia che si incrina lungo le nere e alte pareti. Quando il Triarca guardò in basso a controllare perché il suo esercito non si fosse ancora rovesciato sulla figlia di Tlaotlican, non vide altro che l'ombra dei monti a coprire terra vuota e sabbia. Una tristezza senza fine lo serrò in una morsa e ringhi bassi crepitarono nella valle, là dove vampe di fuoco dal breve respiro fiorirono dalle rughe del suolo secco. Con uno slancio si levò in cielo e in un momento schiacciò le stelle sotto il suo fulgore, vomitando sdegno e sofferenza su un mondo che si apprestava a distruggere per soffocare il lutto appena subìto. Levatosi nel punto più alto del cielo, con sincrona frustata di ali imbrigliò tutte le correnti del mondo a formarne una sola, e la spinse verso Shintara con un tremendo grido. Nell'abbattersi sulla Vergine e su tutta Ama Nundra Mun, la corrente acquisì velocità, divenne consapevole della sua natura e altrettanto feroce nell'esercitarla. Tanto era tremendo alla vista e all'udito il suo arrivo, che Shintara si fece scudo con Gargalos e in un attimo né lei né la terra sentirono più nulla: su tutta Ama Nundra Mun scesero quiete e penombra, l'aria fu immobile e il suolo stanco riuscì a godere di un breve ma necessario tempo di tregua. Allora Shintara abbassò lo scudo per poter guardare in alto verso il nemico, e questi ricambiò. Divampando di cieco furore, Rasseth picchiò l'aria con le ali e così facendo forgiò una torma di venti brutali, ciascuno dei quali con una volontà propria e ambizioni diverse. Tutti loro furono comunque mandati dal padre alla battaglia, perché se per lui c'era qualcosa che avesse più importanza della discendenza e della stirpe, questo era l'esercizio del controllo su altri al di fuori di sé.
Nella forza che si rovesciò dal cielo sulla terra vi erano venti freddi, che sferzarono la carne di Shintara dove lo scudo non poteva proteggerla; venti umidi, che la fiaccarono; poi arrivarono venti tesi e densi, che misero a dura prova la tempra con cui la Vergine brandiva Gargalos. Mentre essi agivano, Rasseth ampliò le loro fila e inondò il campo di battaglia con turbini di tempesta, vortici danzanti che trovarono compimento nel cibarsi dei loro stessi fratelli per diventare più grandi. Shintara li affrontò tutti con la forza e la tenacia che le erano proprie, soffrendo la stanchezza più delle ferite e l'impotenza più dell'ormai completo accerchiamento. Folgori la trafissero dal buio, invisibili aliti di ghiaccio le tagliarono la carne. La educarono all'umiliazione e alla sofferenza più di quanto il resto della sua esistenza eterna avrebbe mai fatto.
Quando i venti iniziarono a perdere potenza, e le loro urla di battaglia non furono più che sussurri minacciosi, la Vergine rimase immobile come le montagne nere che erano lì davanti a lei, mute testimoni anziché giudici degli eventi del mondo. Non fu per prevenire altri attacchi, ma perché anche il minimo movimento le infliggeva pene terribili. La consapevolezza dell'ultimo passo le venne però in soccorso, aiutandola ad alzare lo sguardo verso Rasseth, che trovò diverso da come lo ricordava: non più il Triarca degli Xenwa, potente progenie di X'En su Ama Nundra Mun, dominatore e corruttore di dràna, ma un tremebondo essere corroso dalla sorpresa e dall'indignazione. Sentimenti accresciuti dall'aver visto i suoi venti esaurirsi, Shintara ancora viva e l'improvvisa solitudine schernirlo.
Appellandosi alle sue ultime forze, la Vergine sfilò l'arco e lo puntò verso l'avversario; già solo quest'atto le costò un dolore che nessun altro essere, fosse Eterno o mortale, avrebbe mai provato. Toccò il tendine che una volta era Hieralw e in alto, assistendo a questa scena, Rasseth lo riconobbe. Colto dal terrore più violento prese la decisione di volare verso suo padre X'En, ma la passione che provava era così forte che non gli riuscì far altro che restare sospeso in cielo ad attendere la condanna. Shintara prese attentamente la mira e quando a un tratto le parve di sentire una voce, improvvisamente scoccò.