mercoledì 5 febbraio 2020

Sussurri della Mietitura -XVIII-

Indh guardò i suoi fratelli e le sue sorelle e vide che la scomparsa del fuoco dai cieli li aveva precipitati nel punto più basso della loro natura; per celebrare quella che nell'ingenuità dei neonati credevano una vittoria, si abbandonavano a orge di cannibalismo senza regole, senza riti, senza la misura che perfino gli Eterni seguivano con scrupolo in ogni loro atto. Non essendo sazi, perché il caos mai lo è, trascesero i limiti di ciò che fino a quel momento si era visto su Ama Nundra Mun e nell'atto di capire qualcosa che non potevano capire, imitarono i comportamenti delle creature dell'Abbraccio; mentre taluni si dilaniavano per simulare il parto, altri costruivano nidi in cima agli alberi con i miseri resti delle loro vittime. Altri ancora tracimarono la blasfemia quando tra loro si diffuse la pratica dell'accoppiamento fine a se stesso, privato dell'esigenza e dell'istinto, che li portò a violare la vita tanto quanto l'inanimato o, nell'evento più grottesco, la carne in cui la vita aveva da poco smesso di albergare.
Al limite della sopportazione, Indh usò gli insegnamenti di Zatamana per sviluppare ulteriormente il suo potere. Quando esso fu maturo, le voci di Indh divennero due e si unirono a formare una miniatura del Coro genitore. Indh allora cantò e i dràna più vicini caddero sotto il suo sortilegio, vedendo ciò che lui voleva che vedessero, sentendo ciò che lui voleva che sentissero, provando ciò che lui pretendeva che provassero. Fu così che li forzò ad abbandonare le loro empie attività per guardare verso l'alto, dove qualcosa di sinistro era nato nei vuoti tra gli astri. Nel momento in cui capirono cosa fosse, perché Indh era in realtà quello che aveva capito, la visione del futuro della loro razza li ghermì di concerto.
Mentre la coscienza di Indh allargata ai suoi succedanei elaborava un disegno, l'aria si fece sorda e finalmente anche il resto della vita su Ama Nundra Mun si fermò per alzare lo sguardo: dagli spazi più neri tra le stelle vennero piccoli bagliori, dapprima insignificanti come pallide allucinazioni, poi sempre più grandi, fino a rivaleggiare con gli astri vicini; lentamente fu giorno su tutta Ama Nundra Mun, i venti si caricarono di calore rinforzando le correnti soffiate dagli angoli della terra. Su tutto l'Abbraccio calò una grigia canicola di sospensione, tale che nemmeno le creature più sensibili e attente riuscirono più a percepire alcun suono. L'erba smise di crescere.
La paura alzò le sue folate sugli oceani, dalle paludi mefitiche ai piedi dei monti si spinsero sulle steppe le nubi di morte: la vita distolse terrorizzata lo sguardo dal cielo e cercò di mettersi in salvo. Il giorno che illuminava Ama Nundra Mun divenne un lampo. Il tempo che quel lampo morisse e già la tremenda luce venne strappata dal cielo come carne dall'osso, e i bagliori che Indh aveva visto nascere ora urlanti avvamparono precipitando sull'Abbraccio. Essi percossero la terra e il mare col furioso impatto dei loro corpi, col suono della propria caduta sollevarono continenti di polvere a ghermire la volta celeste, oscurando la culla cosmica da cui erano fuorusciti. Quando l'orda di luce finì di crivellare l'Abbraccio, di esso non era rimasto che un tumulo muto, battuto dall'acredine del fumo e dalle frane che avevano devastato le valli fertili. Il verde della vita fu spazzato via, e al suo posto campeggiavano i lividi crateri lasciati dal cataclisma. Quando il buio stellato tornò ad avvolgere Ama Nundra Mun, da ciascuna di quelle fratture baluginò una timida luce. Poi, qualcos'altro.

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