mercoledì 26 febbraio 2020

Sussurri della Mietitura -XXI-

La massa tende per sua natura alla generazione del difetto. La prole di X'En non fece eccezione, perché nella moltitudine di brandelli dilaniati dal corpo di Lhé, uno di essi non ricevette l'imposizione del fuoco, ma fu comunque gettato insieme agli altri su Ama Nundra Mun. Questo scarto precipitò senza grazia e senza forza, con la lentezza del pulviscolo di neve soffiato dalla montagna ventosa, privo della luce degli Xenwa e della loro violenza. Unico nella Caduta toccò l'acqua anziché la terra, sprofondando inerte nell'abisso sempre più nero finché non raggiunse il punto più remoto da qualunque altra cosa, là dove Tlaotlican lo vide. Con interesse l'Eterno scrutò l'intruso e riconobbe il movimento fiacco di un essere che, nella miseria dei suoi mezzi, lottava per darsi uno scopo. Ricordando la storia della sua amata, Tlaotlican chiamò Ahn e gli disse che affinché l'essere potesse avere la dignità dei viventi, aveva bisogno che gli fosse forgiato un nome. L'Eterno del Suono acconsentì e il nome venne presto imposto al corpo: Shintara, "vergine" del fuoco. Allora la forza fu drenata dalle correnti marine e imbrigliata attorno a Shintara per cesellarne la forma, tale da permetterle di agire sia sulla terra che nel mare, di muoversi a piacimento attraverso l'Abbraccio. Quando il procedimento fu concluso e Tlaotlican soddisfatto, tra i due si era instaurato il legame che tra tutti gli enti del cosmo soltanto Ama Nundra Mun aveva nutrito, ricambiata, per le proprie creature. Ma dal momento che esse erano state annientate dalla Caduta, la Culla tra i Vuoti incoraggiò l'amato a prendersi cura di Shintara come fosse propria, di considerarla finanche una figlia, perché mai avrebbe permesso che il lutto toccasse anche lui. 
Mentre gli Xenwa estendevano a tutta la terra una dominazione purulenta di polvere cinerea, e la vita si spegneva di concerto alla loro avanzata, la Vergine cresceva protetta dall'immenso corpo del mare. Tlaotlican le nascose la violenza della sua origine, facendole credere invece di essere l'ultima creatura superstite dell'Abbraccio, falcidiato dagli Xenwa per punire l'atto di ribellione con cui Ama Nundra Mun si era negata a X'En.
A quelle rivelazioni, con un tremendo balzo squarciò gli abissi marini ed emerse sulla terraferma, mentre le nubi d'acqua schiumante sollevate da quel movimento raggiunsero la volta celeste e poi, appena ghermita, precipitarono gelide a creare la prima pioggia del mondo. Shintara inaugurava così, con un atto di pietà verso la terra martoriata, la stagione di vendetta che secondo lei avrebbe portato giustizia all'Abbraccio. A differenza del fuoco che aveva guidato gli Xenwa nella Caduta, fu la lucida furia a guidare lei nell'Ascesa.

mercoledì 19 febbraio 2020

Sussurri della Mietitura -XX-

Rasseth fu l'unico tra i suoi simili ad atterrare, anziché cadere. Sei erano le sue ali, e tale era la loro grandezza che sotto ciascuna di esse un'orda di Xenwa poteva trovare riparo da qualunque avversità; tanto potenti da spianare la terra al suo arrivo, sbriciolando le montagne e facendone sabbia da deserto, le sei ali di Rasseth erano così forti che i venti caldi prodotti dal loro movimento arriveranno alla fine dei tempi, insieme al Primo Codice, e poi continueranno ad esistere. Obbedendo alla natura dell'alito che gli dava la vita, Rasseth col suo esercito rastrellò Ama Nundra Mun alla ricerca di dràna sopravvissuti. Trovandone esemplari solitari, confusi e ormai prossimi alla morte, oltre che in numero insufficiente a trarre piacere dalla loro distruzione, decise di imprimere il fuoco nei loro corpi di tenebra. Coloro i quali superavano il tormento della trasfigurazione divennero Us'fulum, "servitori" votati alla cieca obbedienza. La loro voce si trasformò in un cupo rantolo, la lingua che avevano ereditato da Zatamana si convertì nell'orrendo verso della più bruta bestia. Il caos di cui erano composti fu castrato, e dunque convogliato nei canali costruiti dalla volontà di Rasseth. Nelle fiamme gli Us'fulum rinacquero e da esse furono periodicamente repressi, quando gli anelli della loro catena minacciavano di allentarsi.

Fra gli sfregi che la Caduta inflisse ad Ama Nundra Mun, il più terribile fu anche l'unico da cui la terra non riuscì mai a guarire. A provocarlo fu Gargalos, esemplare di insolita durezza nella sua pur straordinaria specie, che aprì il suolo con l'impatto del suo corpo massiccio e lo sventrò fino alle più profonde e buie radici del mondo, non riuscendo a fermarsi se non a un passo dal cuore di Ama Nundra Mun. Lì si manifestò la sua natura buona e votata alla protezione, perché innanzi al dolore che aveva provocato alla Culla tra i Vuoti decise senza indugio di donarle il proprio Nuharon, la linfa incandescente che scorre in tutti gli Xenwa. Rinfrancata dall'inaspettato sollievo del fuoco, l'Eterna lo usò per respingere Gargalos in superficie, là dove i suoi simili lo attendevano. Con tale vigore avvenne questo evento che la ferita inferta dallo Xenwa alla terra cambiò natura, e da cratere si fece montagna dalla cui cima, per sempre bagnata di torrido Nuharon, si vedono i mondi. Una volta in superficie, Gargalos si mostrò ai suoi eserciti opaco come l'ardesia e freddo come l'onice trasudato dalla roccia, non più alfiere della rabbia di X'En, ma monarca riflessivo, sensibile da quel momento in avanti alla voce del terreno.

Il solo Xenwa a lanciarsi verso Ama Nundra Mun di sua iniziativa fu Hieralw. Sfuggendo alla presa del Fuoco Immortale grazie al corpo viscido e sottile, scoccò verso l'Abbraccio come un colpo di frusta e subito trovò riparo in un antro della terra abbastanza lungo da ospitarlo, ma anche stretto a sufficienza da non far entrare nessun altro. Attesa la fine della Caduta, strisciò fuori per nutrirsi della morte che affollava la terra, incurante del comando che un terzo dei suoi simili gli aveva riconosciuto, o forse troppo affamato. Più si sollazzava divorando senza riposo e senza regola, come solo un dràna avrebbe fatto, meno il suo appetito si saziava, e così i seguaci per compiacerlo furono presto costretti a procacciargli le libagioni, precipitando in un vortice di ambizione, gelosia e tradimento da cui non sarebbero più riemersi. Nel momento in cui decisero che uccidere i loro simili per saziare Hieralw non era più da considerarsi un sacrificio, ma anzi una ritualità da perpetrare per la purificazione del fuoco, fosse il proprio o quello degli altri Xenwa, per loro fu già troppo tardi. Gli esigui superstiti di questa folle ordalia divennero i più crudeli, efficienti e implacabili cacciatori della propria specie. Si sparpagliarono agli angoli della terra per non invadere le altrui riserve di caccia, tornando al cospetto del loro signore solo se provvisti di un'offerta destinata alle sue fauci. Hieralw non era però paziente come Gargalos, né metodico come Rasseth. Hieralw era un vuoto che niente e nessuno avrebbe mai potuto riempire. Non potendo aspettare il prossimo pasto, scavava infatti sotto la terra immense gallerie per raggiungere i suoi adepti, ingoiando nel tragitto terra e roccia, acqua e residui del Nuharon di Gargalos. Qualunque cosa andava bene, perché niente lo saziava. Più mangiava e più grande diventava; con le dimensioni crebbe anche l'appetito e le offerte dei cacciatori divennero improvvisamente troppo scarne. Hieralw iniziò quindi a divorare i doni insieme ai loro portatori.

mercoledì 12 febbraio 2020

Sussurri della Mietitura -XIX-

Al tempo della sfida lanciata da Indh ai cieli, nessun Eterno provò sentimenti forti come quelli accumulati da X'En in quel preciso istante. Nessun Eterno, nella siderale misura della propria esistenza, neanche sommandola a quella di un altro Eterno, sarebbe mai più riuscito a produrre un risentimento tanto odioso quanto quello che X'En stava covando nei confronti dei dràna. Le viscere del Fuoco Immortale suscitarono al suo interno fiamme corrosive e lancinanti, provocandogli un dolore che solo il suo desiderio di distruzione riuscì a governare. Quando Lhé si avvicinò per sincerarsi che stesse bene, X'En ne approfittò per dilaniarlo con l'improvvisa emanazione della sua collera. Gli artigli di folgore strapparono dal corpo di Lhé numerosi brani di carne, e su di essi X'En esercitò il proprio respiro. Mentre questi informi grumi di vita si destavano, il loro creatore li raccolse senza amore nel pugno e degnandoli di un'occhiata fugace li lanciò con rabbia su Ama Nundra Mun. Fu così che vennero al mondo i precursori della fine, soldati di luce nella notte primordiale della storia, strumenti di un Eterno che per sempre rifiuterà di chiamarli figli. Gonfiando i corpi incandescenti, gli Xenwa calpestarono la terra sconfitta e la fratturarono; alte si levavano le fiamme al loro passaggio, mentre le esalazioni della pelle rovente trasformavano in polvere le fragili macchie di verde che erano sopravvissute al loro arrivo. Ogni loro passo trasfigurava i continenti e attorno a essi fecero torbido il mare, umiliandolo a muto stagno.
Gli Xenwa erano giunti a sciami di legioni, ma soltanto tre di loro potevano elevare sul resto della torma l'aura del comando. Questa triade di primi fra pari si era distinta prima ancora di ricevere il soffio di X'En, quando per la loro creazione furono usati gli organi più vitali e nobili di Lhé, anziché la sua mera carne. Per questi motivi, ciascuno di loro ebbe in dote non solo l'obbedienza di un terzo degli Xenwa, ma anche i nomi che Ahn forgiò a guisa di corone: Rasseth, Gargalos e Hieralw.

mercoledì 5 febbraio 2020

Sussurri della Mietitura -XVIII-

Indh guardò i suoi fratelli e le sue sorelle e vide che la scomparsa del fuoco dai cieli li aveva precipitati nel punto più basso della loro natura; per celebrare quella che nell'ingenuità dei neonati credevano una vittoria, si abbandonavano a orge di cannibalismo senza regole, senza riti, senza la misura che perfino gli Eterni seguivano con scrupolo in ogni loro atto. Non essendo sazi, perché il caos mai lo è, trascesero i limiti di ciò che fino a quel momento si era visto su Ama Nundra Mun e nell'atto di capire qualcosa che non potevano capire, imitarono i comportamenti delle creature dell'Abbraccio; mentre taluni si dilaniavano per simulare il parto, altri costruivano nidi in cima agli alberi con i miseri resti delle loro vittime. Altri ancora tracimarono la blasfemia quando tra loro si diffuse la pratica dell'accoppiamento fine a se stesso, privato dell'esigenza e dell'istinto, che li portò a violare la vita tanto quanto l'inanimato o, nell'evento più grottesco, la carne in cui la vita aveva da poco smesso di albergare.
Al limite della sopportazione, Indh usò gli insegnamenti di Zatamana per sviluppare ulteriormente il suo potere. Quando esso fu maturo, le voci di Indh divennero due e si unirono a formare una miniatura del Coro genitore. Indh allora cantò e i dràna più vicini caddero sotto il suo sortilegio, vedendo ciò che lui voleva che vedessero, sentendo ciò che lui voleva che sentissero, provando ciò che lui pretendeva che provassero. Fu così che li forzò ad abbandonare le loro empie attività per guardare verso l'alto, dove qualcosa di sinistro era nato nei vuoti tra gli astri. Nel momento in cui capirono cosa fosse, perché Indh era in realtà quello che aveva capito, la visione del futuro della loro razza li ghermì di concerto.
Mentre la coscienza di Indh allargata ai suoi succedanei elaborava un disegno, l'aria si fece sorda e finalmente anche il resto della vita su Ama Nundra Mun si fermò per alzare lo sguardo: dagli spazi più neri tra le stelle vennero piccoli bagliori, dapprima insignificanti come pallide allucinazioni, poi sempre più grandi, fino a rivaleggiare con gli astri vicini; lentamente fu giorno su tutta Ama Nundra Mun, i venti si caricarono di calore rinforzando le correnti soffiate dagli angoli della terra. Su tutto l'Abbraccio calò una grigia canicola di sospensione, tale che nemmeno le creature più sensibili e attente riuscirono più a percepire alcun suono. L'erba smise di crescere.
La paura alzò le sue folate sugli oceani, dalle paludi mefitiche ai piedi dei monti si spinsero sulle steppe le nubi di morte: la vita distolse terrorizzata lo sguardo dal cielo e cercò di mettersi in salvo. Il giorno che illuminava Ama Nundra Mun divenne un lampo. Il tempo che quel lampo morisse e già la tremenda luce venne strappata dal cielo come carne dall'osso, e i bagliori che Indh aveva visto nascere ora urlanti avvamparono precipitando sull'Abbraccio. Essi percossero la terra e il mare col furioso impatto dei loro corpi, col suono della propria caduta sollevarono continenti di polvere a ghermire la volta celeste, oscurando la culla cosmica da cui erano fuorusciti. Quando l'orda di luce finì di crivellare l'Abbraccio, di esso non era rimasto che un tumulo muto, battuto dall'acredine del fumo e dalle frane che avevano devastato le valli fertili. Il verde della vita fu spazzato via, e al suo posto campeggiavano i lividi crateri lasciati dal cataclisma. Quando il buio stellato tornò ad avvolgere Ama Nundra Mun, da ciascuna di quelle fratture baluginò una timida luce. Poi, qualcos'altro.