mercoledì 25 dicembre 2019

Sussurri della Fioritura -XII-

Con la sola esistenza di X'En, le stelle vennero liberate dalla canicola del Nero Tiranno e il trono di luce fu restaurato in gloria e potenza. A ciascuno degli antichi gioielli sulla corona cosmica di Ik Ki, l'ardimento di X'En donò diversa dimensione e un certo modo di pulsare la luce, singolare come il respiro delle creature su Ama Nundra Mun, e finanche degli spettri di colore esclusivi. Il fuoco diede al dominio del Lucente Gemello la materia da sempre agognata, rese la sua resurrezione più ricca in bellezza e soprattutto in forza, perché X'En era alfiere di odio nei confronti del buio e ne avrebbe fatto per sempre il proprio motore. La Fiamma Immortale e tutto il firmamento si ritorsero avvampando contro l'Oscuro e lo inseguirono per i Vuoti, convertiti uno dopo l'altro alla luce, fin quando al nemico non restò che rintanarsi nella gelida tana da cui era strisciato al principio di tutto. Fissando con occhi ardenti il gemello ridotto alla vergogna, Ik Ki lasciò che fosse X'En a farsi lama per la recisione di quella tremante presenza e attese con gusto che quel momento finalmente arrivasse. Tra loro e la vittoria si interpose però la supplica di Szotlan, sorto a ultimo scudo delle tenebre per difendere la goccia che aveva donato per mezzo del Raama Toi.
Il Primo Sangue, annunciando dunque che la vita che Drà stava incubando era sua discendenza, invocò per essa clemenza con la formula "Za Ta Mana", che nella lingua degli Eterni, secondo le leggi di Ahn, significa "Non ha colpa". A sentire quelle parole, X'En si fece inquieto e le miliardi di folgori che erano nervatura nella sua carne di fiamme lo frustarono col sussulto dell'ira; incurante di ciò, Ik Ki riconobbe saggezza nelle parole di Szotlan e concesse quindi al gemello una tregua fintanto che la gestazione non fosse arrivata a compimento. Allora X'En, che violentando la propria natura riuscì a trattenersi dal bruciare l'intero cosmo, si rivolse al Lucente e lo avvertì che il nascituro sarebbe stato la loro rovina.

mercoledì 18 dicembre 2019

Sussurri della Fioritura -XI-

Da madre di una tale prole di stelle che neanche lo sforzo congiunto degli Eterni avrebbe potuto contarle, la Luce fu strozzata e ridotta a ultimo esemplare di esse, mostrandosi alla Materia come un trascurabile residuo della battaglia appena cessata, nient'altro che un granulo accecante sullo sconfinato corpo del Vuoto. Essendo quindi i tempi maturi per la capitolazione del gemello, Drà incanalò tutte le sue forze nell'atto di strangolarlo; ma più la presa si serrava, più violenti rispondevano i bagliori di Ik Ki, consumando la tenebra che vi entrava in contatto.
Dapprima confuso dalla capacità di una cosa così piccola di opporre una resistenza tanto feroce, Drà comprese poi che la fatica e il dolore fossero l'atto finale del suo trionfo e si abbandonò a entrambi, annebbiato dai fumi del potere, ubriaco di ambizione. Soffrendo dolori che solo un Eterno può patire, schiacciò Ik Ki nel pugno ustionato e con lentezza esercitò l'ultima morsa per ridurlo finalmente al nulla. Poco prima che ciò si potesse verificare, la luce dell'ormai minuscolo Gemello Luminoso si fece tanto intensa che gli Eterni furono costretti a guardare altrove per non restarne feriti e Ahn, unico in mezzo ai suoi pari, percepì da quel punto sorgere il suono di una parola, ma nel momento in cui cercò di avvertire Drà fu già troppo tardi. Un tuono scosse il cosmo e il pugno di Drà venne distrutto in un attimo, non concedendo all'Oscuro nemmeno il tempo di una qualunque reazione, fosse anche l'istinto di gridare, perché ciò che gli si era ribellato e aveva trovato fuga da un destino ormai scritto era lì davanti, e lo atterriva più del dolore. Accanto a Ik Ki dalla grandezza ripristinata, un nuovo essere torreggiava sulle tremebonde propaggini del Vuoto e le costringeva alla ritirata col furioso calore che il suo corpo sprigionava. Un suo sbuffo di rabbia scacciò il gelo dal cosmo e tutto il suo essere brulicò di saette e lapilli.
"X'En" era la parola che aveva preceduto la sua nascita e Ahn decise che sarebbe stata anche il suo nome.

mercoledì 11 dicembre 2019

Sussurri della Fioritura -X-

Attizzato il vanesio ardore dell'Oscurità dopo averne placato la furia, Ahn spiegò come si doveva celebrare la sua vittoria sulla Luce. Nell'ecatombe di stelle cui il cosmo assisteva impotente, Ahn ne scelse una che stava spegnendosi e la plasmò fino a ricavarne il Raama Toi, "ventre dell'abisso", calice in cui il suono che l'aveva plasmato faticava a tenere assieme le impronte dei Gemelli di cui era composto. Il Raama Toi era fonte eterna dell'attrito straziante in esso contenuto, sorgente continua di suoni e voci, unica emanazione di una Materia bastarda che non avrebbe avuto famiglia. In virtù della sua natura fu da tutti gli Eterni riconosciuto come Abominio, e la semplicità di quest'atto fu sufficiente a sedurre Drà, che allora scoprì di amare ciò che il cosmo abbandona. Prima che i suoi gelidi artigli arrivassero a ghermire il Raama Toi, però, Ahn disse che la cerimonia non era ancora completa e si rivolse a Szotlan: "Sacrificati nella misura di una stilla". Il Primo Sangue conosceva bene la natura manipolatrice dell'Eterno del Suono, ma quella era la sua moneta, così come il sacrificio era la propria. Privandosi della goccia richiesta, la fece cadere all'interno del Raama Toi, dove l'abominevole materia la corruppe. Ahn porse il calice a Drà e disse "Bevi".
Il Gemello Oscuro obbedì con veemenza famelica e sollevò il calice per lasciarsi scivolare nella pancia la goccia ormai esausta. Inghiottita dal buio, dal freddo e dall'assenza assoluta, essa emise da sola un coro di lingue ancora sconosciute che ne aggraziarono la caduta fino al tremendo fondo, dove attecchì con una legione di gangli parassiti che la nutrirono col potere che Drà aveva a sua volta predato alla Luce.

mercoledì 4 dicembre 2019

Sussurri della Fioritura -IX-

Quando Drà divenne la pelle del cosmo e Ik Ki non più di una escrescenza luminosa su di essa, gli Eterni chiesero a Tlaotlican di accoglierli su Ama Nundra Mun per discutere di cosa sarebbe stato della Materia dopo la fine dell'Eterno Conflitto. Sprezzante nei confronti delle loro preoccupazioni, Tlaotlican acconsentì a ospitarli, a patto che però facessero del corpo dell'amata un tempio e non un luogo di conflitto. Ottenuta la loro parola, abbandonò il consiglio che stava per tenersi circa la sorti di un cosmo ormai gelido, perché nonostante il suo corpo stesse saldandosi in un blocco di ghiaccio, e le alte creste di schiuma fossero ormai fantasmi danzanti su un'immensa distesa immobile, nessun destino sarebbe stato crudele se l'Abbraccio fosse rimasto intatto.
E così Lhé, Ahn e Szotlan iniziarono da soli il Consiglio degli Eterni, ma nel discutere del cosmo trascurarono di invitare chi in quel momento lo stritolava nelle sue nere spire. Forte di un dominio quasi totale ed ebbro di potere, Drà si precipitò scurissimo su Ama Nundra Mun, minacciando di inghiottirli all'interno delle sue viscere di tenebra a mo' di pasto, dove il vuoto li avrebbe consumati con le sue aberranti mura immateriali, e privati infine della dignità del senno.
Quando ormai la condanna stava per essere eseguita, Ahn invocò a sé l'attenzione del giudice e parlò con la sua voce, ma anche con le milioni che si levavano dalla terra che li ospitava, con il dolce sussurro di Tlaotlican, persino con la voce dello stesso Oscuro Gemello e con molte altre voci che il cosmo doveva ancora conoscere: "Tu ci hai fraintesi, Drà. Le nostre non erano trame per rovesciare la tua vittoria, ma per celebrarla".